
La cosa affascinante è che la maggior parte dei fossili che abbiamo relativi ai nostri antenati sono per lo più frammenti, di mascella o di cranio, o altre ossa che non consentono di ricostruire la linea evolutiva con certezza assoluta. In questo caso tuttavia lo scheletro è quasi completo, e gli esemplari sono più di uno.
La scoperta è avvenuta grazie a Lee Berger, professore della University of Witwatersrand, durante l’esplorazione di un sistema di caverne nella regione dello Sterkfontein, in Sud Africa, conosciuta come “La Culla dell’ Umanità”. Ed è stata di tale rilevanza che il presidente del Sud Africa Jacob Zuma ha visitato l’università per vedere di persona i fossili, e sono già stati programmati documentari e varie riprese televisive.
Philip Tobias, eminente anatomista ed antropologo dell’università non coinvolto nella ricerca è stato uno dei primi a poter vedere i fossili, che ha descritto come “meravigliosi” ed “eccitanti”. E continua “Trovare uno scheletro invece di una coppia di denti o un osso delle braccia è una rarità. Una cosa è trovare una mandibola con un paio di denti, un’altra è trovare una mandibola congiunta al cranio, e con una colonna vertebrale, le ossa pelviche e gli arti. Non è una scoperta singola, ma diverse specie che rappresentano diversi individui. I resti riportati alla luce da Berger sono meravigliosi”.
Gli scienziati ritengono che un gruppo di ominidi conosciuti come Australopithecus, emerso in Africa intorno a 4 milioni di anni fa, si sia evoluto nel primo Homo. Circa 2,5 milioni di anni fa ha perso le sue caratteristiche da scimmia per divenire una nuova specie, conosciuta come Homo habilis. Se la scoperta venisse confermata come l’anello mancante tra l’Australopithecus e l’Homo habilis, sarebbe il raggiungimento di un traguardo fondamentale per la comprensione dell’evoluzione dell’essere umano.
Le osse pelviche e gli arti aiuteranno a capire come questo ominide si muoveva, se in posizione eretta o meno. Le ossa delle mani potranno contribuire invece a capire che livello di destrezza questa specie possa aver raggiunto, ed identificare la sua manualità in relazione a quella dell’ Homo habilis.
In attesa di avere conferme sul fatto che questa specie di ominide sia o meno l’anello mancante tanto atteso, è sempre un piacere assistere a scoperte di questo tipo.
La “Culla dell’ Umanità” si è già resa protagonista di scoperte senzazionali, come quella del primo fossile completo di Astralopiteco risalente a 3,3 milioni di anni fa, soprannominato “Little Foot”, avvenuta nel 1994. O quella di un Australopithecus africanus, soprannominato “Mrs Ples”, avvenuta nel 1947. Sembra essere una risorsa immensa di fossili e di stadi-chiave dell’evoluzione umana, e forse col tempo aiuterà a colmare alcune lacune nella teoria dell’evoluzione.