Cardinale colombiano: “Le Farc non sono narcoterroriste”

In un’intervista rilasciata di recente al quotidiano “El Tiempo” di  Bogotá, il cardinale colombiano Darío Castrillón si è dichiarato contrario al fatto che si qualifichino le FARC come “narcoterroriste”.
Il cardinale, al quale certo non sono imputabili simpatie pro-marxiste, spiega che non intende cadere in questa vulgata; afferma di essere stato in alcuni accampamenti, nei luoghi dello scontro e di conoscere personalmente alcuni guerriglieri, che non sono affatto coinvolti nel narcotraffico.
D’altro canto, Castrillón afferma anche che: “Mi ha detto un comandante: abbiamo un problema molto grave, perché i contadini che stanno con noi sono i più infelici, dato che non possono coltivare coca”.
Il cardinale aggiunge che “non è realista pensare di sostituire la droga con la yuca. Credo che dobbiamo essere molto chiari per essere giusti. Evitare generalizzazioni che non solo sono pericolose, ma anche odiose e dannose.” Ribadisce che la via del dialogo è possibile: “Penso che ci sia disponibilità da parte loro, però hanno anche, come chiunque, dubbi sulla veridicità di quanto succede. Abbiamo avuto esperienze dolorose nel paese, la morte di persone che hanno dialogato, il che ha obbligato quelli che sono rimasti ad una prudenza che a volte paralizza le azioni, che sarebbero state più semplici se non fosse stato per quelle esperienze negative”. Nelle parole del prelato, il riferimento allo sterminio da parte del regime dell’Unione Patriottica, movimento politico lanciato nel 1985 dalle FARC in seguito ad accordi di pace con l’allora presidente Belisario Betancourt, è evidente.
Alla domanda se abbia mai incontrato Alfonso Cano, Comandante in Capo delle FARC-EP, il cardinale conferma: “Ci siamo incontrati diverse volte. Sui monti, in aeroporti, una volta a Cartagena, un’altra in Messico. E per telefono. Ci conosciamo, ed ho parlato molto chiaramente con lui, e non posso dire che non abbia dimostrato una buona volontà”.
Attraverso le recenti liberazioni unilaterali, le FARC-EP hanno evidenziato la loro volontà di concretizzare uno scambio di prigionieri di guerra, che è l’unica via per ridare libertà a quanti rimangono nella selva ed ai guerriglieri detenuti nelle carceri della Colombia e degli Stati Uniti. Il narcogoverno uribista, che ha fatto della cosiddetta “Sicurezza Democratica” un cavallo di battaglia sempre più sfiancato,  si guarda bene dall’accettare o dal proporre alternative credibili: per ottenere dei passi in avanti, è importante dunque l’intervento di soggetti come i “Colombiani per la Pace ”, e dei governi di alcuni paesi della regione che possono fare pressioni per lo scambio umanitario, strumento indispensabile, insieme al riconoscimento delle FARC come forza belligerante, per la costruzione di un tavolo di trattative che conduca ad una pace con giustizia sociale.

Associaz. Nuova Colombia