“Corriere della Sera”, immagine della democrazia che muore

L’11 marzo alla Commissione Cultura della Camera, l’on. Paola Frassinetti, ex “Fronte della Gioventù” oggi PdL, ha proposto una risoluzione che intende “arginare il fatto deplorevole che alcune associazioni si recano nelle scuole per raccontare una visione dei tragici fatti delle foibe in maniera totalmente travisata”. Non contenta, l’onorevole se l’è presa con “il recente libro dello sloveno (sic) Pirjevec, edito da Einaudi, e distribuito nelle scuole di Torino”. Il libro ha sostenuto la Frassinetti, “esprime giudizi gravi sugli avvenimenti storici riferiti alle foibe, non corrispondenti alla verità; esistono, infatti, negazionisti della vicenda”. E poiché Einaudi e Pirjevec non sono gli ultimi arrivati, a sostegno di questa sua dotta affermazione, l’onorevole ha citato l’autorevolissimo Alemanno, che – tutti lo sanno – in fatto di foibe, è infallibile come il Papa dalla cattedra di Pietro. Scomunica ufficiale, quindi, “come ha anche ricordato il sindaco di Roma”, sebbene, a onor del vero, un errore c’è stato, perché Pirjevec è italiano come l’infallibile sindaco e la dotta ma distratta Frassinetti, e sorge il dubbio che non sia per caso: “sloveno” per farlo sembrar di parte e sminuirne la serietà di studioso. Non bastasse, la scatenata Frassinetti ha proposto l’istituzione, presso il Ministero dell’Istruzione, di un albo degli enti e degli studiosi “autorizzati a recarsi nelle scuole per ricordare i fatti accaduti”. La lista degli abilitati a parlare non s’è fatta – un sussulto di orgoglio di Bersani e soci? – ma s’è deciso – all’unanimità! – che siano i presidi a valutare (?) la serietà e la serenità dei conferenzieri.

Di questa vera e propria rivoluzione copernicana degli studi storici, l’ineffabile De Bortoli e il suo “Corriere della Sera” hanno voluto dar conto e, dopo meditata riflessione, il 23 marzo si son scelti il ruolo di cassa di risonanza della “scienza nova”. Dopo un guazzabuglio epico di Paolo Mieli su Zara medaglia d’oro, sui soliti ferocissimi partigiani titini e comunisti, gli innocenti eroismi di galantuomini fascisti e le taciute ambizioni ad una Grande Italia, il “Corriere” ha “suggerito” cosa leggere e chi abilitare. Ne è nata così una breve ma velenosa lista di proscrizione con un minuscolo, ma agghiacciante index librorum prohibitorum. E val la pena di citare testualmente: “Vi sono anche opere che tendono a ridimensionare la portata degli eccidi jugoslavi: Joze Pirjevic, Foibe (Einaudi 2009), Claudia Cernigoi, Operazione foibe tra storia e mito (Kappa Vu 2005), Giacomo Scotti, Dossier foibe (Manni 2005), Giuseppe Aragno, Fascismo e foibe (La città del Sole, 2008). Contro di esse, considerate «negazioniste», le associazioni degli esuli hanno di recente chiesto un intervento delle pubbliche autorità”.

Di Alessandra Kersevan, a cui non di rado già si prova a negare la parola, il colto giornalista ignora l’esistenza e del sottoscritto, che la “velina” mette premurosamente assieme a Pirjvec, la signora Frassinetti, bontà sua, non s’è occupata, ma nelle scuole ci vado anch’io e non mi sarà più facile tornarci. Se, come’è noto a tutti gli studiosi che se ne sono occupati onestamente, né io, né Pirjevec, né gli altri citati dall’anonimo giornalista neghiamo l’esistenza del dramma istriano, dov’è che va a parare la manovra? La sola risposta che so darmi è, a dir poco inquietante: ci si vuole etichettare come “negazionisti”, in attesa che anche in Italia il “negazionismo” si trasformi in reato.

E’ accettabile tutto questo? E davvero siamo ancora in una repubblica democratica, se impunemente un ignoto giornalista, imbeccato da un deputato che nessuno ha mai eletto e rappresenta se stesso e la sua parte, può liquidare così gli studi di storici onesti, che fanno ricerca secondo le regole del mestiere, nella maniera più corretta, esplorando archivi e documentando ogni affermazione? E’ accettabile che sia la politica a decidere chi debba parlare nelle scuole? Che un grande giornale fiancheggi la manovra e non senta il bisogno di prendere le distanze? De Bortoli sa – e se non sa legga e si informi invece di disinformare – che gli storici che contribuisce a mettere al bando non negano nulla e disprezzano i colpevoli di ogni sterminio. De Bortoli sa, e se non lo sa, provi a studiare e si aggiorni, che a noi fa scudo Kant: “Sapere aude”! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza. Noi non ci allineiamo.

Nulla di nuovo, si potrebbe dire. Ed è vero. C’è stato un tempo in cui chi negava l’esistenza di Dio andava al rogo e la pena capitale toccò persino a chi volle una scuola laica, come Ferrer. E’ a questi tempi che intende tornare il “Corsera”? Ci dicono in tanti: meglio non protestare. Se non domandi un’aperta solidarietà, sono in tanti a ripetere che è una vergogna. In pubblico però la parola d’ordine è una: minimizzare. Eppure la domanda nasce spontanea e la risposta è necessaria e urgente. Poniamo che il sottoscritto sbagli e, con lui, sbaglino anche Pirjevec, Scotti e Cernigoi. A quale governo consentiremo, senza protestare, di trattare un errore alla maniera di un crimine?

Le posizioni della Frassinetti, di cui in qualche modo il “Corriere” si fa portavoce, sono inquietanti. Si cominciò a parlare di “negazionismo” a proposito di studi che riguardavano apertamente il genocidio ebraico. Inaccettabili, certo, ma pur sempre opinioni da combattere con le armi della ricerca e la forza della democrazia. Si passa ora, con un prevedibile effetto domino, ad altri gruppi nazionali e magari sociali. E’ naturale che chi è stato massacrato desideri che lo storico se ne ricordi, ma è legittimo che siano le vittime a dettare la ricostruzione dei fatti? Da una regola discutibile ma “mirata” ricaveremo una norma generale per una pluralità di aventi cui s’appelli chiunque si ritenga “negato”? E tutti, ognuno in nome di propri interessi e idee politiche, potranno così chiamare in causa gli studiosi per le loro opinabili, ma oneste ricostruzioni? A questo punto non Pirjevic e il sottoscritto, ma tutti troveranno grandi difficoltà a fare gli storici. E’ questo che vuole il “Corriere della Sera”? Quello che con preoccupata amarezza e acuto senso della democrazia, Gaetano Arfè, definiva un “popolo di senzastoria”?

Giuseppe Aragno