Siamo dipendenti. Ammettiamolo. E’ successo un tasto per volta e in meno di vent’anni. Prendiamone atto. C’è c hi usa il T9, chi preferisce il vecchio metodo di spingere i tasti a ripetizione fino a ottenere il senso compiuto della frase. Oggi, il fenomeno degli sms ci ha preso la mano e sta assumendo proporzioni preoccupanti. Secondo uno studio del Pew Research Center, effettuato in collaborazione con l’Università del Michigan, un ragazzo su tre tra i 12 e i 17 anni invia circa 100 messaggi al giorno.
I teenager americani sostengono di non conoscere più nessun loro coetaneo senza cellulare, quattro su cinque ammettono di dormire col telefonino accanto al letto, acceso. Numerose scuole vietano l’uso dei telefonini durante le ore di lezione ma il pranzo è “cell free”, e gli studenti tornano liberi di ritrovare il campo. Le percentuali cambiano con l’età. Gli adulti si limitano a 10 messaggi al giorno ma le ragazzine dai 14 ai 17 ne riescono a mandare fino a 3 mila al mese. Una 16enne americana ha confessato di mandarne circa 4 mila al mese e ha spiegato: “ho cominciato a perdere il senso tattile nelle dita e continuavano a cadermi piatti e altre cose in continuazione”. Ora ha la sindrome del tunnel carpale e deve essere operata.
Su Facebook è ovviamente arrivato un gruppo che si occupa di messaggi e assuefazione. Secondo un sondaggio riportato dal social network la tendenza sarebbe diversa e in pericolo sarebbero più gli adulti che i ragazzi. Queste le età dei soggetti a rischio: il 19% ha tra 18 e 24 anni, il 24% tra 25 e 34, il 22% tra 35 e 54, il 19% si piazza tra i 45 e i 54. L’età media di un ‘texter’ – chi manda i messaggi – a rischio è di 38 anni. Il 49% è maschio, il 51% femmina. E ancora : vengono spediti in media 18,5 miliardi di sms al mese da circa 68,7 milioni di persone. Solo il 10% dei messaggi sono spam, il 62% sono quelli scritti agli amici, il 55% a conoscenti, il 19% ai colleghi. I messaggini vengono letti entro 15 minuti dalla ricezione, i tempi di risposta possono arrivare fino all’ora.
D’altra parte dire a noi stessi e ai nostri figli dei no non riusciamo a farlo più. E quindi sì ai telefonini sempre più di nuova generazione e sì alla comunicazione forsennata virtuale e sempre meno reale. Ciò specialmente nelle nuove generazioni. Quelle crescite senza i no che educano all’alterco e all’accettazione dell’altro e della sua individualità. Lo spostamento culturale rispetto alle relazioni stabili, sempre più precarie, deve essere ricercata nell’ambito educativo del presente. I genitori abituano i loro figli ad avere tutto. Sempre. E’ naturale quindi che diventino degli adulti poco propensi ad accreditare un amore che metta anche solo in discussione alcune loro convinzioni. E non sono neppure abituati al confronto. E, banalmente, ma fino a un certo punto, non hanno limiti nemmeno nel numero degli sms inviati. Tutto deve essere rigorosamente chiuso in una gabbia di si incondizionati.
La stessa unione ideale diventa un miraggio in un deserto di individualismi e solitudini. Ciò perché nella ricerca del partner, oltre all’eros e alla sintonia non ci si preoccupa di come sia o quale sia il suo passato. Insomma, ogni rapporto è un capitolo del libro di un’intera esistenza. E quando ci si ritrova innamorati è indispensabile passare attraverso momenti di riflessione e pura razionalità. Cominciando a chiedersi quante pagine del capitolo si sia disposti a concedere all’altro e alla relazione. E qui si aprono nuovi scenari: ci si dovrebbe chiedere se il partner abbia solo una funzione accompagnatoria, se si tratti di pura attrazione o se invece si voglia costruire insieme una famiglia.
E’ davvero difficile ipotizzare un senso collettivo per chi è cresciuto da individualista e viziato. I ragazzi hanno tutto ciò che desiderano dai genitori. E questo senso di onnipotenza viene trasferito anche nel dialogo amoroso; che non è più dialogo bensì monologo e, come tale, esclude le risposte dell’altro e il suo pensiero. Talvolta, invece, si fallisce per l’esagerata sudditanza.
Insomma non avere limiti, non porseli può provocare la sindrome del tunnel carpale da troppi sms, ma anche molto altro e forse ben peggiore.
Daniele Damele