Il laicismo di Gelmini e la libertà di Libero

Per naturale modestia, Belpietro nega, ma lo sa bene e ne va giustamente orgoglioso: “Libero” e il suo direttore sono la punta di diamante della difesa mediatica allestita dai Berlusconi. Nulla di strano perciò se, in uno dei ripetuti giorni che segnano a lutto la vita della Repubblica come cupi rintocchi d’una campana a morto, il suo “Libero” titoli assai poco liberalmente: “Sconfitta la linea laicista: Contrordine, ora il voto di religione vale in pagella”.

Telesio Interlenghi, che impazzò nel Ventennio, non avrebbe saputo far meglio e il merito va riconosciuto. La parola “laicista” si studia d’inventar fazioni, sottintende fanatismi ideologici e fobie integraliste del tutto estranei al valore e al significato di “laico“, che, viceversa, si pone per sua natura sopra le parti e non vuol dire solo autonomia dall’autorità ecclesiastica, ma pari distanza da ogni verità di fede e rifiuto di qualsivoglia rigidità ideologica. Laico è il pensiero scientifico anche di colui che crede in una qualche divinità, laica è la fertile necessità del dubbio, laica la consapevolezza che ogni certezza è per sua natura incerta e ha carattere puramente soggettivo. Ognuna delle mie certezze, ammessa che io ne abbia, è veramente e solamente mia e non c’è maggior affronto alla libertà del pensiero che una certezza imposta agli incerti, un dubbio soffocato in chi dubita, una fede che pretenda di essere verità dimostrata. Laicisti, quindi, sono propriamente Belpietro e l’avvocato Gelmini che cantano vittoria perché il voto di religione entrerà a scuola nel computo dei crediti, evitando così – qui al fanatismo rischia di sommarsi l’inganno – che gli “unici ad essere discriminati” siano “i ragazzi che frequentano l’ora di religione“.

Mai come in questo caso il privilegio e la discriminazione sono figli di una scelta del governo che, tagliando i fondi necessari, impedisce ai tanti studenti che non hanno bisogno di religione di svolgere le attività alternative previste dalla legge. Anche questo è scritto nella decisione del Consiglio di Stato, ma Belpietro si guarda bene dal dirlo. Secondo la migliore tradizione della disinformazione, di cui Interlenghi fu maestro, il suo giornale, che si tiene in piedi grazie ai soldi dei Berlusconi, volutamente ignora che in Italia – Gelmini dovrebbe saperlo – tutti i cittadini, anche quelli di fede maomettana, sono uguali davanti alla legge e non c’è nessun obbligo di credere in Dio.

La verità, è che il pensiero laico qui non c’entra nulla. Trionfano, invece, l’integralismo, una concezione autoritaria della politica e una visione discriminatoria della formazione.

Con buona pace di “Libero” e del liberissimo Belpietro…

Prof. Giuseppe Aragno