Thailandia, fine della protesta: le camicie rosse si arrendono

Le camicie rosse si sono arrese. Stamani i blindati dell’esercito thailandese hanno travolto le barricate dei sostenitori dell’ex premier Thaksin Shinawatra nel centro di Bangkok occupato per oltre 6 settimane dai manifestanti antigovernativi. Nell’ accampamento erano rimasti solo due-tremila irriducibili, tra cui donne e bambini. Nei violenti scontri tra militari e manifestanti del ‘Fronte unito per la democrazia contro la dittatura’, Udd, sono rimaste uccise sei persone, fra cui il fotoreporter italiano, Fabio Polenghi. Numerosi anche i feriti. Tra essi anche un giornalista canadese e un olandese. Gli scontri, questa volta particolarmente violenti, sono iniziati all’alba quando l’esercito ha deciso di rompere gli indugi e attaccare la cosiddetta ‘zona rossa’, occupata dai manifestanti. Imbracciando i fucili d’assalto M-16 un centinaio di uomini e una decina di blindati hanno dato l’assalto alle barricate al grido di: “Uscite e arrendetevi altrimenti vi ammazziamo”. I militari thailandesi erano stati autorizzati a sparare a vista se ci fosse stata resistenza da parte delle camicie rosse. Per evitare ulteriori perdite di vite umane i leader della protesta si sono arresi.

La Tv di Stato ha mostrato le immagini di quattro capi portati via in manette. Nattawut Saikua, uno dei leader poi, ha esortato il resto dei manifestanti a disperdersi pacificamente. Nonostante l’ordine alcune centinaia di dimostranti hanno espresso la loro rabbia compiendo atti di vandalismo in vari punti di Bangkok. Date alle fiamme la Borsa, negozi dei centri commerciali di Central World e Gaysorn, magazzini e un cinema. Sono stati anche incendiati degli autobus. Una rabbia che non è rimasta circoscritta solo nella capitale thailandese. Migliaia di sostenitori delle camicie rosse sono scesi in strada a protestare in diverse località nel nord della Thailandia considerata la roccaforte delle camicie rosse. Anche qui violenze e vandalismi. Sono stati incendiati i municipi di Udon Thani e Khon Keon nel nordest del Paese asiatico. Da stasera a Bangkok è in vigore il coprifuoco dalle 20 alle 6 del mattina. Un provvedimento che ormai è stato esteso a ben 23 province del Paese. Chiunque violerà il coprifuoco rischia due anni di prigione e una multa di 40mila baht, 1.200 dollari. Gli ultimi sei giorni sono stati fondamentali nella soluzione della crisi. Caratterizzati da violenze indescrivibili che sono costate la vita a 39 persone, in gran parte civili. Dall’inizio della protesta, il 12 marzo scorso, il bilancio è di almeno 71 morti e circa 2mila feriti. La svolta si è avuta dopo l’annuncio da parte del governo di Abhisit Vejjajiva che ogni negoziato era ormai interrotto. Il dialogo sarebbe ripreso solo dopo che i manifestanti avessero fermato la protesta aveva spiegato un portavoce delle autorità thailandesi. Dopo la resa dei suoi sostenitori a Bangkok, Shinawatra, deposto da un colpo di stato nel 2006, ha ora prospettato il rischio di un’insurrezione armata per rovesciare il governo. L’ex premier ha anche negato di aver bloccato l’intesa tra il governo e i ribelli per mettere fine alla protesta. Le camicie rosse chiedendo nuove elezioni e accusano il premier Vejjajiva di aver preso il potere senza un vero mandato popolare e solo attraverso un voto parlamentare nel 2008 appoggiato dai militari.

Ferdinando Pelliccia