Alpinista scozzese lasciato morire sull’ Everest

Muore dopo aver scalato l’Everest, la vetta più alta del mondo. E’ accaduto lo scorso 26 maggio al 28enne scozzese Peter Alasdair Kinlock. L’ alpinista si è sentito male, forse colto da una emorragia celebrale, subito dopo aver iniziato la discesa dalla vetta dell’Everest che aveva conquistato poco prima. Kinlock, dopo aver perso la vista e quindi la capacità di andare avanti, è stato lasciato al suo destino dai compagni di spedizione costretti ad abbandonarlo, dopo 12 ore di tentativi, per non morire anche loro.

La vicenda è stata rivelata online dal quotidiano britannico ‘Daily Mail’. Kinlock stava tentando la ‘Seven Summit Challenge’, la sfida delle sette cime, con cui si tenta l’ascensione della vetta più alta di ognuno dei continenti. Al giovane scozzese mancavano solo il monte Carstensz in Papua Nuova Guinea, Oceania, e Mount Vinson, Antartide. Il 29 luglio dello scorso anno aveva anche raggiunto la vetta del Monte Bianco nelle Alpi. Dalle sue pagine web il tabloid inglese ha rivelato i tragici momenti della vicenda narrati da uno dei compagni di Kinlock. Nel tentativo di salvargli la vita in soccorso del gruppo sono accorsi, dal campo base, anche tre sherpa saliti in poche ore al ‘Mushroom Rock’, roccia a fungo, il punto in cui la spedizione era bloccata e situato a 8.595 metri di quota. L’ Everest è alto 8.850 metri. Subito al povero alpinista sono stati somministrati forti dosi di ossigeno e di steroidi per provare ad evitargli il congelamento. Purtroppo il ‘Mushroom Rock’, è situato al di sopra dei 7.900 metri di altezza. La quota questa, oltre la quale l ‘ossigeno nell’ aria è un terzo di quello presente a livello del mare e pertanto definita ‘quota della morte’. A questa quota infatti, è praticamente impossibile per il corpo umano riuscire ad acclimatarsi. Così è stato per il giovane scozzese che ha cominciato a dare segni di congelamento.

Peter è morto sulla montagna che aveva sognato di scalare fin da piccolo e dove ora il suo corpo, a circa 300 metri dalla vetta, giacerà sepolto per sempre nel ghiaccio per l’impossibilità di recuperarlo. Dal 1953 ad oggi sono circa 300 gli alpinisti che sono morti sulle pendici di questa montagna. Lo stesso giorno della sua morte l’Everest ha restituito i corpi di cinque alpinisti morti negli anni durante le tante scalate alla sua vetta. Tra questi quello dell’ americano Scott Fischer, morto il 10 maggio del1996, quello dello svizzero Gianni Goltz, morto nel 2008 e del russo Serghiei Duganov, perito pochi mesi fa.

Ferdinando Pelliccia