Ancora un attacco agli italiani in Afghanistan. Nemmeno sette giorni è di nuovo scatta ‘red allert’ per il contingente italiano della brigata alpina ‘Taurinense’ dispiegato nell’ovest dell’Afghanistan. Stamani un ordigno è esploso al passaggio di una convoglio militare italiano lungo la ‘ring road, in un tratto disabitato a 12 km da Shindand, nella provincia di Herat. Si trattava di una pattuglia costituita da 6 ‘Lince’ che si stavano dirigendo verso il villaggio di Masyan, nella valle di Zeerko, considerata una delle località più pericolose tra quelle affidate al controllo dei militari italiani.
L’esplosione ha investito un mezzo blindato Vtlm ‘Lince’. L’equipaggio del veicolo militare è rimasto illeso in quanto il mezzo che occupavano ha resistito all’onda d’urto, riportando solo danni nella parte inferiore. L’ordigno era uno ‘Ied’, ordigno esplosivo improvvisato, che tante vittime sta mietendo tra i militari della forza internazionale in Afghanistan. L’attentato di oggi è avvenuto più o meno nella stessa zona dove lo scorso sabato invece, un altro ‘Ied’ era stato scoperto e neutralizzato. Di fatto quello di oggi è il quinto ordigno esplosivo improvvisato che ha interessato i militari italiani della Task Force Centre attualmente costituita dal terzo reggimento Alpini di Pinerolo di stanza a Shindand, a sud di Herat. Il generale Claudio Berto, il comandante degli italiani in Afghanistan, intervenendo in merito, ha spiegato che: “nell’ovest dell’Afghanistan, sono proprio gli ‘Ied’ la principale minaccia con cui dover fare i conti tutti i giorni”. Secondo delle recenti stime, i talebani nell’area sono solo qualche centinaio. “Gli insorti si trovano dunque in una condizione di inferiorità che non gli permette di affrontare a viso aperto i militari italiani”, ha aggiunto il generale spiegando che: “Pertanto ricorrono ad altre strategie che contemplano anche il ricorso a strumenti subdoli come, gli ‘Ied’. Sono almeno 45 gli ‘Ied’ in cui i militari italiani si sono imbattuti dallo scorso 20 aprile, quando la brigata alpina ‘Taurinense’ ha assunto il comando del settore ovest della missione Isaf della NATO subentrando ai fanti della Brigata Sassari. Tredici nella zona di Bala Murghab. Ventisette in quella di Farah. Cinque invece nella zona di Shindand. Tutti neutralizzati, tranne due. Uno esploso oggi a 12 km da Shindand e l’altro esploso il 17 maggio scorso nella zona di Bala Murghab. Quest’ultimo provocò la morte dei due alpini, Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio e il ferimento di altri due che si trovavano a bordo di un ‘Lince’ colpito in pieno dall’esplosione. Se nel computo poi, si inseriscono anche i circa quaranta scontri a fuoco, di piccola o grande entità, che hanno coinvolto, in tutta la regione ovest, specie nel distretto di Bala Murghab. negli ultimi due mesi, i militari italiani allora si il livello di allarme si alza ancora di più. Questo perchè appare evidente che gli italiani sono nel mirino dei ribelli afghani che sembrano pronti in qualsiasi momento a ‘fargli la festa’. Un comitato di benvenuto li ha già accolti, il giorno del loro arrivo a Shindand, con il lancio di oltre 20 razzi contro la loro base. Da allora molte cose sono cambiate e in meglio. Gli alpini non si sono scoraggiati e hanno creato una bolla di sicurezza intorno alla loro base puntando ad allargarla sempre di più. Inoltre stanno puntando a creare soprattutto le condizioni affinchè vengano ripristinate le vie di comunicazione in quella parte del territorio afghano.
Una realtà questa che i talebani e non solo, anche i trafficanti di droga, non riescono ad accettare e hanno giurato di fargliela pagare. Al generale Berto ha fatto eco Luca Marco Comellini, segretario del partito per la tutela dei diritti di militari e forze di polizia, Pdm. “Solo ieri il generale Berto aveva dichiarato alle agenzie di stampa che il livello della minaccia talebana nell’ovest dell’Afghanistan, dove sono schierati i 3.300 militari italiani, era stabile, in regresso, ma è evidente che la propaganda dei vertici militari è smentita dall’attacco subito questa mattina dal contingente italiano nella zona del distretto di Shindand, nella provincia di Herat”. Il segretario del Pdm attacca senza mezze parole i vertici militari affermando che: “Alle chiacchiere dei vertici militari sulla situazione in Afghanistan hanno risposto i fatti e dal momento che sono in gioco le vite dei nostri soldati, e non certo quelle dei generali o del ministro della Difesa che si riempiono la bocca con le loro fantasiose rassicurazioni, sarebbe opportuno che La Russa ammettesse, una volta per tutte, che l’Italia sta partecipando ad una missione che ha perso il suo originale scopo pacificatore e che ora ha tutti i caratteri di un conflitto armato. Aspetto, quest’ultimo, che implica valutazioni ben più ampie di quelle che può fare un solo ministro”.
Ferdinando Pelliccia