Le dimissioni di Brancher, rinuncia al ministero “per difendere la propria innocenza”

Aldo Brancher si è dimesso da ministro al Decentramento e alla sussidiaritetà. Un’ uscita di scena degna di shakespeare quella scelta da Brancher. Stamani, dopo aver rinunciato al legittimo impedimento, ha rinunciato anche ad essere ministro. Per fare l’annuncio ha scelto l’ aula, ma non quella del parlamento dove fosse stato giusto farlo, ma aula della V Sezione penale del Tribunale di Milano dove si era recato stamani nell’ ambito del processo per la tentata scalata di da Bpi alla Antonveneta che lo vede imputato per ricettazione e appropriazione indebita. L’annuncio è stato fatto alla corte preseduta dal giudice monocratico Annamaria Gatto. Il doppio passo indietro dell’ormai ex ministro è stato annunciato dopo un colloquio che si è svolto tra Brancher e il premier Silvio Berlusconi.

In una dichiarazione spontanea Brancher ha spiegato che i motivi che lo hanno spinto a rinunciare al legittimo impedimento erano legati alla necessità che finiscano strumentalizzazioni e speculazioni. “Sono qui a difendere la mia innocenza”, ha affermato Brancher che poco dopo ha chiesto di poter accedere al rito abbreviato incondizionato e non più con rito ordinario. Richiesta che è stata accolta dal Giudice Gatto. Un fatto questo che comporta che le udienze proseguiranno a porte chiuse e si baseranno esclusivamente sugli atti istruttori e senza l’intervento di testi. Con questo procedimento l’ imputato ha diritto a uno sconto di un terzo della pena. La prossima udienza è stata stabilita per il prossimo 28 luglio, giorno in cui potrebbe arrivare già anche la sentenza. E’ stata invece, stralciata la posizione di Luana Maniezzo, moglie di Brancher, fino ad oggi contumace, che verrà giudicata con il rito ordinario. Anche per lei il processo riprenderà il 28 luglio.

La carriera ministeriale di Aldo Brancher è durata appena 17 giorni, dal 18 giugno, quando il capo dello stato firmò il decreto di nomina ad oggi. Decade ora la mozione di sfiducia individuale presentata da Pd e IdV, nei confronti di Brancher e già in calendario per giovedì prossimo. Una mozione che avrebbe di certo messo in crisi Governo e maggioranza. Pericolo scampato dunque. La sua nomina innesco da subito una serie di reazioni a catena che hanno messo seriamente in difficoltà maggioranza e governo provocando il nervosismo della Lega, l’irritazione del Quirinale e le divisioni nella maggioranza. Fin dal primo giorno il ministro è finito nel mirino delle opposizioni, che paventano una soluzione studiata a fini processuali. In molti sospettavano che dietro la sua nomina ci fosse stata la volontà di garantire a Brancher lo scudo del legittimo impedimento previsto per i ministri. Il 24 giugno, i legali dell’ex ministro chiedono, dando corpo ai sospetti, il rinvio dell’udienza nell’ambito del caso Antonveneta, adducendo il legittimo impedimento del neo titolare del Federalismo. Questa è in un primo momento la delega del neo ministro, ma poi, un richiamo del ‘capo’ del Carroccio, Umberto Bossi che affermava: ”C’e’ un solo ministro del federalismo e sono io”, riporta tutti all’ordine e la delega diventa poi, della Sussidiarietà e del decentramento. La giustificazione addotta da Brancher è che in quegli stessi giorni deve organizzare il lavoro del suo ministero. Ma una nota del Quirinale, il 25 giugno, spiega che Brancher è a capo di un ministero senza portafoglio, dove non c’è nulla da organizzare, quindi non ha titolo per chiedere il legittimo impedimento. Il giorno dopo, Brancher rinuncia ad avvalersi della norma. Il resto è storia di queste ore.

Ferdinando Pelliccia