Sudan, presidente El Bashir incriminato per genocidio in Darfur. Italia si defila da missione di pace Onu

Omar Hassan el Bashir

Nuovi guai per Omar Hassan el Bashir. A pochi mesi dalle presidenziali dell’ 11 aprile scorso, che lo hanno visto essere riconfermato alla presidenza del Sudan la Corte penale internazionale dell’Aja, Cpi, ha incriminato il presidente sudanese anche per il reato di genocidio in relazione ai crimini commessi in Darfur. La nuova accusa è per genocidio per omicidio, genocidio per grave attentato all’integrità fisica e mentale e genocidio per sottomissione intenzionale di ciascun gruppo a condizioni di vita che ne comportano la distruzione fisica. Un fatto questo, che aggrava ulteriormente la posizione, sia interna sia esterna al Paese, del numero uno di Khartoum.

Nel mese di marzo dello scorso anno, l’ Alta corte aveva già spiccato un ordine di cattura internazionale nei confronti di el Bashir per crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Il fatto rende il leader di Khartoum detentore di un primato. È il primo capo di stato in carica ad essere colpito da un simile mandato di arresto. Bashir fino ad ora ha sempre negato le sue responsabilità definendo le accuse della Corte come decisioni politiche tese a colpire l’integrità del Sudan. In segno di sfida al tribunale dell’Aja dopo il marzo 2009 aveva effettuato alcune visite di stato all’estero. Il suo principale accusatore è il procuratore capo del tribunale penale internazionale dell’Aja, Tpi, Luis Moreno Ocampo, che ha accusato el Bashir di aver costretto almeno 2 milioni e 700mila sudanesi a rifugiarsi all’interno di campi profughi per sfuggire al dramma della guerra abbandonando ogni loro avere, oltre a averne provocato la morte di altri 300mila.

Il governo di Khartoum ha immediatamente reagito duramente alla notizia. “La nuove accusa di genocidio in Darfur contro il presidente sudanese Omar el Bashir confermano che La Corte penale internazionale dell’Aja è un tribunale politico”, ha dichiarato il portavoce del governo, il ministro dell’Informazione sudanese, Kamal Obeid. Solo ieri era stata resa nota la notizia che la Cpi aveva spiccato un secondo mandato d’arresto contro el Bashir, ma la si conosceva già da settimane. La decisone è stata pubblicata sulle pagine web del sito della corte, dove in un comunicato si legge: “La Cpi sostiene di avere ragionevoli motivi di credere nella sua responsabilità penale per tre capi d’accusa di genocidio nei confronti di altrettanti gruppi etnici nel Darfur”. Il riferimento è ai gruppi etnici dei Four, dei Masalit e dei Zaghawa. “Questo secondo mandato d’arresto non sostituisce e né revoca in nessun caso il primo mandato d’arresto emesso a carico del presidente Omar el Bashir il 4 marzo 2009, che resta in vigore”, precisa la Cpi. A questo importante risultato si è giunti dopo che lo scorso anno, nell’emettere l’ordine d’arresto, la Camera aveva considerato allora che il materiale messo a disposizione dal procuratore Ocampo non forniva ragionevoli motivi per credere che il governo del Sudan abbia agito con lo specifico intento di distruggere, in tutto o in parte, i gruppi Fur, Masalit e Zaghawa. Pertanto il reato di genocidio non era stato incluso nel mandato di arresto emesso per el Bashir. Il procuratore Ocampo però, in questi mesi ha messo a disposizione dei giudici nuove prove e documenti. “Era ora! Finalmente la Corte penale internazionale dell’Aja ha deciso di estendere il mandato d’arresto per il presidente del Sudan, Omar al Bashir, anche al reato di genocidio perpetrato in Darfur! I sudanesi, come noi e le altre ong denunciamo da anni, continuano a vivere l’inferno”. Queste le parole usate da Souad Sbai, parlamentare del Pdl, alla notizia della seconda incriminazione per el Bashir. “Quanto emesso dal Tribunale Internazionale rappresenta una vittoria per la dignità della vita umana. Due milioni di persone in Darfur sono state internate in campi di concentramento, tantissimi altri sono stati trucidati assieme alle loro famiglie. Ma se oggi possiamo rallegrarci per la decisione della Corte, dobbiamo, d’altra parte, ricordarci che esistono ancora tanti Paesi i cui capi di stato o di governo si fanno beffe dei diritti umani e della sacralità della vita”, ha continuato Sbai augurandosi che: “non solo, che la decisione possa servire da monito a queste persone, ma che rappresenti la prima di una lunga serie di sentenze per chiudere dietro le sbarre criminali che operano scientificamente l’annullamento fisico della vita umana”.

Mentre da una parte giungono notizie confortanti dall’ altra però ne arrivano altre meno ‘allegre’. Oggi nel corso del dibattito in commissione Difesa sul decreto di rifinanziamento delle missioni militari italiane all’ estero, il sottosegretario Cossiga ha reso noto che la partecipazione italiana alla missione ONU in Darfur è stata di fatto non rifinanziata per l’ impossibilità di ricevere i necessari visti d’ ingresso da parte del governo sudanese. “Si tratta di un fatto grave, che indebolisce la presenza internazionale in un’ area di crisi tra le più complesse al mondo, dove non sono garantiti diritti umani fondamentali e dove il ruolo delle organizzazioni internazionali può essere decisivo per avviare un processo di pacificazione e di stabilizzazione. Non basta una presa d’atto burocratica di questa indisponibilità del governo sudanese. E’ urgente che l’Italia assuma un’ iniziativa, sollecitando l’ intera comunita’ internazionale ad una forte reazione che renda possibile il completo svolgimento della missione”, ha commentato Federica Mogherini, deputata PD e segretario della Commissione Difesa.

Ferdinando Pelliccia