Essere parte integrante di un’ associazione segreta dedita ad alterare i corretti equilibri istituzionali e costituzionali. Di questo, ossia della violazione della legge Anselmi, e’ accusato il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo dalla procura di Roma che la settimana scorsa lo ha iscritto nel registro degli indagati. Una posizione, quella dell’ex magistrato da due anni vice del Guardasigilli Angelino Alfano, che gli inquirenti stanno passando al vaglio sulla base delle intercettazioni contenute nell’ ordinanza di carcerazione di Pasquale Lombardi, ex giudice tributario che Caliendo conosce da 30 anni, del faccendiere Flavio Carboni e dell’ex assessore al comune di Napoli Arcangelo Martino, oltre che sui risultati degli interrogatori degli arrestati e degli altri indagati (il coordinatore del Pdl Denis Verdini, il senatore Marcello Dell’Utri e l’ex sottosegretario Nicola Cosentino). Diverse le contestazioni mosse a Caliendo dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e dal pm Rodolfo Sabelli. Assieme a Lombardi, Martino, Carboni, Dell’Utri e il capo degli ispettori del ministero della Giustizia Arbibaldo Miller, il sottosegretario alla Giustizia era a casa Verdini, lo scorso 23 settembre, per un pranzo nel corso del quale si sarebbe deciso di avvicinare i giudici della Corte Costituzionale in vista dell’imminente decisione sul ‘lodo Alfano’. E ancora: Caliendo avrebbe contribuito a far nominare come presidente della Corte di Appello di Milano Alfonso Marra, al quale Lombardi si rivolse per far riammettere la lista di Roberto Formigoni esclusa dalle elezioni regionali. Sempre a Caliendo – come risulta dalle intercettazioni – Lombardi sollecito’ piu’ volte l’avvio di un’ispezione ministeriale a Milano (che pero’ non si fece) in favore di Formigoni. E continuando a spendere il nome di ‘Giacomino’ (cosi’ Lombardi chiamava il sottosegretario) l’ex giudice tributario, presidente dell’associazione ‘Centro studi giuridici per l’integrazione europea diritti e liberta’ fondata dallo stesso Caliendo, avvicino’ il presidente della Cassazione Vincenzo Carbone per il ricorso di Cosentino contro l’ordinanza di custodia cautelare per contiguita’ con la camorra, e provo’ a mettersi in contatto con il procuratore aggiunto di Milano Nicola Cerrato cosi’ da ‘ammorbidirlo’ sull’inchiesta che vedeva indagato Formigoni per reati ambientali. A tutte queste accuse Caliendo ha ribattuto punto per punto lo scorso 30 luglio, nel corso di un interrogatorio di 5 ore. A casa di Verdini resto’ solo mezz’ora (”poi mi son dovuto allontanare per precedenti impegni in Commissione Giustizia”) e non sapeva che li’ avrebbe trovato il faccendiere Carboni. ”Fintanto che sono rimasto – ha spiegato – non si parlo’ di Lodo Alfano, tant’e’ che fu Lombardi a telefonarmi successivamente per dirmi della possibilita’ di intervenire sui giudici della Consulta”. Sollecitazione alla quale Caliendo sostiene di non aver dato seguito (”sono amico personale di alcuni giudici della Corte, non avevo di certo bisogno dell’intermediazione di Lombardi”). Cosi’ come non fece nulla per assecondare la richiesta di ispezione ministeriale a Milano. Ammette, invece di aver espresso apertamente parere favorevole alla nomina di Marra, il cui curriculum preferibile a quello dell’altro candidato, Rordorf. Per il resto, nega di essersi prestato alle pressioni di Lombardi: ”Mi sono reso conto che millantava. Millantava pure con i miei amici”. L’unica cosa che si rimprovera il sottosegretario di cui Pd e Idv chiedono le dimissioni e’ ”l’aver risposto al telefono a Lombardi” ma – dice – ”era incensurato e lo conosco da 30 anni…”
Ansa