LAVORO – Ieri il tribunale fallimentare di Roma ha dichiarato lo stato di insolvenza di Tirrenia. Un atto che fa prospettare per la compagnia di navigazione, di proprietà della Fintecna, la finanziaria di stato ed ora posta sotto amministrazione straordinaria, il rischio ‘spezzatino’ come è accaduto per Alitalia con la vendita ai privati dei settori produttivi e prepensionamenti e dimissioni del personale. In totale i dipendenti della compagnia di navigazione sono 1.646 lavoratori di cui 267 amministrativi, 1.379 naviganti, di questi 1.123 con contratto a tempo indeterminato. Con la dichiarazione di insolvenza infatti, potrebbe venir riproposto lo ‘schema Alitalia’, con la ‘bad company’ da un lato in cui far confluire i debiti dovuti ad una cinquantina di banche e la ‘good company’ dall’altro con quello che si intende vendere. Con il ricavato del’operazione si dovrebbero poi saldare i debiti.
Il Tribunale fallimentare ha fissato al 21 gennaio 2011 l’inizio della fase di ammissione al passivo Tirrenia di Navigazione Spa i cui debiti ammontano a 646.600.000 milioni di euro e la cui liquidità è di 18.506 euro, praticamente azzerata. Tutti i creditori, le banche, i fornitori ed ex controllante avranno tempo fino al 21 dicembre prossimo per far pervenire al Tribunale domanda per essere ammessi al passivo. Per molti l’unica via da seguire per evitare che ciò si verifichi è quella di indire una nuova gara di privatizzazione solo per Tirrenia, senza cioè la controllata siciliana Siremar. Una soluzione questa fortificata anche dalle manifestazioni di interesse per la sola Tirrenia manifestate da parte di diversi armatori. Tra i tanti, il numero uno della Moby Lines, Vincenzo Onorato. Un ipotesi questa che porterebbe ad un destino separato dalla Tirrenia per la Siremar, la società di navigazione siciliana che invece, in base alla precedente gara doveva essere privatizzata assieme alla Tirrenia. Il suo destino potrebbe essere simile a quello della Saremar, Camerar e Toremar, trasferute, nel novembre 2009, a titolo gratuito, rispettivamente dallo stato alla Regione Sardegna, Campania e Toscana per poi, seguire un iter di cessione ai privati. Iter già avviato dalla Toscana.
Nel frattempo la UilTrasporti per bocca del segretario generale, Giuseppe Caronia ha reso noto di aver rinunciato a presentare il ricorso annunciato contro tale sentenza. Caronia ha anche ribadito la determinazione di avversare il dissennato progetto di dismissione della flotta pubblica. Il sindacato è tornato anche a chiedere di essere convocato subito a palazzo Chigi per sottoscrivere un impegno ad evitare lo spezzatino ed al mantenimento dei livelli occupazionali e delle condizioni contrattuali dei lavoratori. Per ora non è prevista alcuna convocazione da parte di Palazzo Chigi, ma è possibile che un incontro potrebbe tenersi nell’ultima settimana di agosto. Il sindacato ha a sempre contestato tutta la procedura di privatizzazione dell’azienda pubblica. Nei giorni scorsi si era schierato contro l’istanza sollevando una questione di competenza territoriale, ritenendo cioè non idoneo a decidere il tribunale di Roma, ma quello di Napoli dove ha sede legale la compagnia. Il tribunale di Roma però, si era dichiarato competente, in via preliminare, a decidere sullo stato di insolvenza. I sindacati dei marittimi hanno già annunciato uno sciopero per il 30 e il 31 agosto prossimi se non si registreranno significative novità.
La Tirrenia insieme alla Siremar garantiscono i collegamenti tra l’Italia continentale e le isole maggiori e tra la Sicilia e le sue isole minori, durante l’intero arco dell’anno. Di fatto ogni porto d’Italia sarà bloccato. Ieri il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli è intervenuto in merito affermando che: “Il Governo e l’amministratore straordinario di Tirrenia non hanno alcuna intenzione di suddividere le attività aziendali della società di navigazione. Non ci sarà quindi il cosiddetto spezzatino. Desidero rassicurare i lavoratori che è intendimento del Governo di procedere, con la collaborazione dei sindacati e attraverso la Legge Marzano alla privatizzazione di Tirrenia, salvaguardando i livelli occupazionali ed assicurando nell’interesse della collettività i collegamenti marittimi”. La sentenza emessa ieri infatti, ha aperto la compagnia di navigazione pubblica la strada della procedura di amministrazione straordinaria nel solco della legge Marzano. Una procedura che permette al commissario straordinario, Giancarlo D’Andrea di traghettare la Tirrenia verso la privatizzazione, anche attraverso la cessione di singoli ‘asset aziendali’. Una eventualità quest’ultima osteggiata dai sindacati che si oppongono ad ogni ipotesi di ‘spezzatino’. Il commissario straordinario della Tirrenia, Giancarlo D’Andrea, nominato il 5 agosto scorso, dopo la dichiarazione di insolvenza ha ora 180 giorni di tempo per la presentazione del piano di risanamento. E’ stato D’Andrea a depositare presso il tribunale fallimentare di Roma l’istanza di insolvenza per avviare la procedura secondo la legge Marzano come era stato per Alitalia.
Il commissario infatti, ha il potere di iniziare un iter che può condurre, in base alla legge Marzano, a operazioni di cessione e di utilizzo di beni, di aziende o di rami di aziende dell’impresa. Iniziando così quello che i sindacati definiscono lo ‘spezzatino’ e che tanto temono. A farlo temere anche il fatto che D’andrea ricopre anche il ruolo di amministratore unico della Siremar. Il che farebbe ipotizzare la dismissione separata degli asset. Comunque sia i tempi però, stringono. Entro il 30 settembre è stato fissato dall’Ue il termine ultimo per la privatizzazione.
Nel frattempo, la Mediterranea Holding, la newco che si era aggiudicata la gara di privatizzazione indetta a giugno dal governo per il salvataggio della Tirrenia poi, annullata una settimana dopo, non rinuncia e annuncia che saranno avviate azioni legali in tutte le sedi, in Italia e in sede europea. ‘MH’ inoltre, si dice pronta a formulare una nuova offerta per l’acquisizione di Tirrenia e Siremar e a presentare un nuovo piano industriale, che rispetto a quello dello scorso primo giugno, preveda tempi più rapidi per il rilancio del gruppo e la salvaguardia della sua unitarietà. Il nuovo piano prevede nuove rotte e nuove attività. Dopo la sentenza del tribunale di Roma, lo stesso governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, la cui regione, con il suo 37 per cento è il socio principale della cordata, ha confermato che sono in corso iniziative inerenti i ricorsi, in Italia e alla corte di giustizia europea e al commissario Ue per i trasporti, contro la chiusura senza esito della prima gara. Il consiglio di gestione della new company per far fronte all’investimento più oneroso che comporta la nuova offerta, ha convocato per fine mese l’assemblea dei soci allo scopo di aumentare il capitale e permettere la partecipazione alla privatizzazione anche di altri partner finanziari, operatori turistici, autotrasportatori e anche marittimi. Alla cordata è stato già permesso l’ingresso anche a imprese di autotrasporto. Imprese che ne avevano avanzato la disponibilità a farlo lo scorso 9 agosto per bocca del presidente nazionale di Fai Conftrasporto, Paolo Uggè. Però, gli autotrasportatori avevano posto delle condizioni quali, che in estate la compagnia assicuri in prevalenza il trasporto merci senza dare la precedenza ai passeggeri.
Ferdinando Pelliccia