LIBERTA’ DI STAMPA / “Il giornale”, un racconto di Giuseppe Aragno

LIBERTA’ DI STAMPA – Solo il tremito incontrollato del labbro inferiore rivelava la tempesta. Il tremito e il pallore innaturale di Maurizio che resisteva persino al rosso della una rabbia che spingeva il sangue alla testa e martellava le tempie, senza trovare sbocchi nelle parole ormai controllate:
D’accordo, direttore, se insisti… L’edizione sarà davvero straordinaria…
Nonostante il tono ironico, non c’era più spazio per i dubbi: era una resa senza condizioni. Il direttore, che un attimo prima aveva minacciato persino il licenziamento, non ritenne necessario andare oltre.
Vedo che ci siamo intesi, Maurizio, e mi basta. Tu sei giovane e hai molto da imparare. Togliti dalla testa l’idea pericolosa che un giornale nasce per informare e contaci: farai strada.
Si ravviò i capelli lisci e brizzolati, accuratamente divisi dalla fila al centro e li tirò indietro con le mani lisce e ben curate. Poi, mentre poggiava sul naso i costosi occhiali di titanio, sospirò con aria stanca ma soddisfatta:
Sono certo che non lo sai. Le lenti bifocali le inventò un famoso politico americano: Benjamin Franklin. E non è un caso. Il politico di razza nasce bifocale e sa che, se vuoi vedere più lontano degli altri, devi avere chiaro quello che hai vicino.
Si fermò, lasciò trascorrere alcuni attimi per godersi fino in fondo il punto interrogativo che s’era disegnato sul viso affilato di Maurizio, poi riprese:
Quando l’hai chiaro, però, devi fare in modo che gli altri vedano coi tuoi occhi. La concorrenza non la batti perché hai ragione. La ragione e la forza delle idee, di cui tu ti riempi troppo spesso la bocca, non servono a un cazzo. Gli avversari li batti se vedono solo ciò che vuoi che vedano. Ecco a che serve il costoso baraccone dei media. Se ci vuoi stare, impara la lezione.
Li batti se l’accechi… L’ho capita la lezione. Mica sono scemo.
Brutale, ma corretto!
Il direttore sorrise, si aggiustò il nodo della cravatta di cashemire, osservò compiaciuto la sua bella giacca in flanella verde sfumato e disegno scozzese appesa all’attacapanni, poi si alzò. Maurizio, che andava recuperando il colorito e non tremava più, lo vide aggirare con noncuranza la scrivania di noce e lasciò che gli poggiasse amichevolmente il braccio sulla spalla.
Non ti mancano i numeri, Maurizio. Sostieni cause perse, ma la tua penna fa miracoli. Ricordalo però, perché non te lo dirò un’altra volta. La morale è una temporanea e mutevole serie di cazzate che servono a proteggere l’immoralità. La verità non conta niente, la gente non la capisce e non se ne interessa. E’ vero solo quello che un bugiardo racconta in maniera convincente. Non ci sono cose giuste o sbagliate, vere o false. Ci sono cose utili a un progetto. Quando accettano di farne parte, allora sì, allora quelli come te, gli ex illusi, le facce pulite che si sono vendute, servono più di tutti e vanno pagati.
Maurizio trasalì. Per un attimo il labbro sembrò di nuovo tremare, ma stavolta lo inchiodò al suo posto e, senza volerlo, pensò: Questo verme ha ragione. Non me la gioco la carriera per un principio. La mia parte l’ho avuta, ho già pagato.
Per il direttore non fu difficile leggergli il pensiero nello sguardo. Lo sapeva bene e ci contava. Il padre di Maurizio aveva perso tutto per non stare al gioco e l’avevano lasciato solo come un cane. Carriera distrutta, famiglia rovinata e alla fine il suicidio.
Questa è la mia strada, esclamò Maurizio. Ex illuso, faccia pulita di venduto. Tutti hanno un prezzo. Tra un’ora il caso esplode, non temere.
E non ti pentirai. Il capo ti mostrerà la sua gratitudine.
Se n’era andato al tramonto e non tremava più. A piedi, tra la gente, per valutare la reazione. Di politica ormai non parlava quasi più nessuno, ma di scandali e corruzione, la strada ribolliva. Il sasso lanciato nello stagno aveva già scatenato la tempesta
Tutti uguali, tutti ladri! urlava viperina una donnetta scatenata.
Faceva il santo, ‘sto disgraziato! Replicava un ragazzo, velenoso.
Si vede che il padrone non l’ha accontentato! Ripetevano in tanti con l’aria di chi conosce la vita e la sa lunga.
Ma a voi un padrone sta bene? Azzardò stizzito un vecchio che aveva addosso una tuta fuori moda.
Lo sommerse un coro:
La politica è questo, si mangia, si ruba. Non si salva nessuno. Meglio uno solo, meglio un padrone, che finalmente mette a posto tutti!
S’era formato un crocchio e in piazza un gazebo raccoglieva firme. In lontananza un cordone di celerini fronteggiava un corteo. Tra le bandiere rosse, un megafono urlava:
Libertà di stampa! Libertà di stampa!
Maurizio si strinse nelle spalle. Meglio uno solo, pensò. E’ quello che avrete. Uno che fotterà tutti.

Fermò un taxi con la mano:
Va per dove ti pare, fa la strada che vuoi, ma fa presto, usciamo dalla piazza.
Di corsa, sono un lampo! fece il tassita, poi subito attaccò:
Ha sentito? E parlava di legalità… Voleva solo un posto in prima fila. Quello voleva! Un paese che affonda! Ma è meglio che lo sanno, la parola torna al popolo e noi siamo pronti. Non ci faremo imbrogliare!
E chi vuoi che c’imbrogli? Noi siamo il popolo sovrano…, rispose ironico Maurizio.

Ma era cupo e non aveva voglia di parlare.

Giuseppe Aragno