PAKISTAN / Alluvioni, rientra l’emergenza nel sud: dove finiscono i fondi internazionali?

PAKISTAN – Tra dieci, al massimo dodici, giorni nella provincia meridionale dell’Indo i canali del fiume Indo riprendano il loro normale corso. Ad annunciarlo oggi Riaz Ahmed Soomro, responsabile delle operazioni di soccorso nel Sindh. Nel Paese ormai non piove più dal 17 agosto scorso. L’emergenza però, continua lungo il delta dell’Indo, qui militari e volontari sono intenti a costruire argini artificiali per cercare di contenere la piena del fiume e cercare di salvare i centri abitati minacciati dall’inondazione.

Quelli più a rischio sono nella regione di Sindh, una delle più colpite dalle alluvioni che nelle ultime settimane hanno messo in ginocchio il Pakistan. Qui la situazione sta tornando lentamente alla normalità nella città di Thatta, importante centro a est del porto di Karachi, ormai deserta dopo l’evacuazione ordinata degli abitanti da parte del governo di Islamabad. Erano rimasti solo il un migliaio di persone, sui circa 300 mila residenti, a guardia delle proprietà e degli animali.

Nelle ultime ore però, alcune famiglie hanno cominciato a far ritorno nelle loro case a Thatta dopo che le acque del fiume Indo, che era esondato nei giorni scorsi, hanno iniziato a defluire. Un risultato questo raggiunto anche grazie al faticoso lavoro svolto dai militari dell’esercito e dai tanti volontari che hanno riparato gli argini rotti del fiume. La situazione però, rimane particolarmente difficile e pericolosa nella bassa vallata dell’Indo e in particolare nell’area di Suwajal. Qui ieri la piena del fiume ha rotto gli argini e costretto i suoi 120mila residenti a evacuare la città.

Dall’inizio di agosto, solo nella provincia del Sindh il numero degli sfollati ha superato i 7milioni e di questi 2,5 milioni sono ancora in cerca di un rifugio. Molti l’hanno trovato a Karachi verso cui le autorità locali hanno trasferito gli sfollati su treni speciali perché ritenuta più sicura dal punto di vista climatico. Una fuga, quella in corso in Pakistan, al dramma delle alluvioni, iniziata un mese fa e provocate dalle copiose piogge monsoniche, che hanno investito il Paese asiatico, da nord a sud, causando alcune migliaia di vittime tra morti e feriti. Un bilancio questo, da considerarsi provvisorio in quanto il computo delle vittime non tiene conto dei dispersi. Le autorità si aspettano di ritrovare altre vittime quando le acque si saranno ritirate. Solo allora si avrà un quadro chiaro del bilancio delle vittime provocate dalla calamità naturale abbattutasi sul Pakistan. Per ora sono circa 20 milioni i pakistani colpiti dalle alluvioni e 8 milioni i senzatetto.

“il più grande disastro mai visto”, ha affermato il segretario generale dell’ONU, Ban-Ki moon quando il 15 agosto scorso ha visitato in elicottero le aree alluvionate. Le Nazioni Unite hanno già stanziato 460 milioni di dollari per fronteggiare l’emergenza. I fondi però, come sempre accade in questi casi, non bastano mai e Ban ha sollecitato la comunità internazionale ha stanziare maggiori aiuti per le operazioni umanitarie in Pakistan. In proposito è di oggi l’intervento del premier pachistano, Said Yusuf Raza Gilani che ha affermato: “l’80 per cento degli aiuti stranieri arriva al Paese attraverso le organizzazioni non governative che ne assorbono almeno la metà per le loro spese”. Attualmente ci sono nel Paese asiatico circa 1.500 fra Ong e agenzie straniere, impegnate nell’assistenza umanitaria, mentre prima delle alluvioni erano appena 200.

Quello del capo del governo pachistano è stato chiaramente un intervento polemico in risposta alle critiche giunte da più parti di scarsa trasparenza nella gestione dei fondi internazionali destinati all’emergenza delle inondazioni in Pakistan. Il Paese sta pagando il prezzo per ‘un deficit d’immagine nell’opinione pubblica occidentale’ guadagnatosi nel tempo. Molti potenziali donatori preferiscono non dare il loro denaro per paura che finisca nelle mani dei Talebani o ancor peggio di possibili dirigenti corrotti del Paese. Questo in virtù del fatto che in occasione del terremoto dell’ottobre 2005 in Pakistan furono raccolti quasi 300 milioni di dollari. Fondi che secondo quanto rivelato dal quotidiano inglese, Daily Telegraph nella sua edizione del 14 agosto 2010 sono stati ‘dirottati’ verso altri non ben precisati progetti sottraendoli alle popolazioni colpite dal terremoto che vivono ancora oggi in condizioni di emergenza.

Ferdinando Pelliccia