SCUOLA / Gelmini, l’estremismo padronale e lo sfascio di un’istituzione pubblica

SCUOLA – Dietro il fumo sollevato da Fini, che a Berlusconi una mano gliel’ha data più d’una volta in vent’anni, lo sfascio si vede chiaro. La scuola, per cominciare. C’è un mistero truccato da ministro – “il mio nome è nessuno”, diceva l’omerico Odisseo – che generosamente regala gemme di sapienza. Giorni fa, con l’aria di chi legge la bibbia, ha dichiarato: “Le riforme sono più importanti delle risorse”. Un esempio classico della celebrata “politica dei fatti”: per smantellare un Paese non occorrono capitali. Basta cambiar le regole, insistere sui luoghi comuni del merito e della responsabilità, cancellare il tempo pieno, ridurre il tempo scuola, ignorare le regole sulla sicurezza, imbavagliare gli insegnanti di ruolo, licenziare i cosiddetti “precari”, fucilare la sperimentazione dopo processi sommari al Sessantotto, et voilà, il gioco è fatto.

Gioco al massacro, non ci sono dubbi, ma chi c’è nel Paese che stia sulle barricate coi precari? Che fanno i docenti di ruolo in attesa che venga il loro turno? Chi salda le lotte? Chi chiama la gente a raccolta? Feltri, Belpietro, Minzolini? “Repubblica”, che per anni ha sostenuto l’aziendalismo di Berlinguer e Fioroni e ha sparato a zero sulla storia e l’identità della sinistra e oggi è tentata dall’avventura col “compagno Fini”?

La sola rivoluzione possibile pensa di farla la Lega e la minaccia Bossi, quando s’accorge che la storia boccia il suo “federalismo degli egoismi”. “Ci sono 10 milioni di persone pronte ad andare a Roma“, ripete a Pontida il tragicomico Alberto da Giussano, nell’inerzia complice del ministro dell’interno, Roberto Maroni cui – è incredibile – nessuno ha ancora chiesto di informare il Parlamento sulle iniziative prese dal suo dicastero: quali e quante sono le perquisizioni effettuate nelle sedi leghiste? quali le indagini svolte, i provvedimenti presi, i fascicoli aperti, le ipotesi di reato inviate alla magistratura? Nulla. Maroni insegue emigranti nel Mediterraneo, costruisce campi di concentramento per incensurati e, mentre gli imprenditori sfidano impunemente le sentenze dei magistrati e i sindaci onesti cadono, ammazzati come cani, per strada, dal crimine organizzato, rilascia interviste deliranti sui suoi personali successi. Su Bossi e sulle minacce dei suoi camerati fascisti, mancia competente a chi scovi uno straccio di provvedimento adottato per difendere il Paese dalle minacce dei suoi camerati leghisti.

Gelmini, per tornare a Odisseo e all’omerico signor nessuno, dopo aver massacrato centinaia di migliaia di precari, dichiara serafica che sì, “È difficile fare previsioni”, ma nell’arco di 6-7 anni “c’è la ragionevole certezza che gli attuali 220mila precari saranno assorbiti dal sistema d’istruzione. Che resterà del sistema formativo nel nostro Paese di qui a sette anni, è difficile dire. Viene in mente Cartagine dopo il trionfo del catoniano “delenda est”: terra bruciata e cosparsa di sale. In attesa di sistemarsi nel deserto “assorbente” che Odisseo va costruendo, preziose intelligenze, risorse irrinunciabili di esperienza e professionalità saranno andate intanto smarrite per sempre.

Gelmini e soci hanno il vento il poppa. Un sistema di valori s’è sciolto come neve al sole e c’è una ripresa impetuosa dell’estremismo padronale. Storicamente questo fenomeno è stato sempre il preludio di inenarrabili tragedie. E’ certo, tuttavia. Anche nel buio della notte più profonda, il sole dell’alba sale all’orizzonte. Sorge, con questo sole ancor freddo e invisibile, una risposta coraggiosa che non sarà possibile piegare; si aguzzano ingegni, si vincono paure, ci si unisce, la saggezza dei vecchi rasserena il cuore dei giovani, che prestano braccia all’esperienza. Nasce la resistenza. E’ legge della storia. Vorrei esserci, quando le ragioni del diritto avranno la meglio sulla notte della ragione, ma lo scrivo a futura memoria: quando la vittoria verrà, dio ci scampi dalla clemenza.

Giuseppe Aragno