SOMALIA / Mogadiscio, le dimissioni del premier Sharmarke. Ancora attacchi kamikaze

SOMALIA – Il primo ministro del governo di transizione somalo, Omar Abdirashid Ali Sharmarke, ha rassegnato le dimissioni dopo mesi di contrasti con il presidente, Ahmad Sharif.

“Mi dimetto perché non sono stato in grado di lavorare con il presidente Sharif”, ha detto Sharmarke, “Lo faccio per il bene della nazione in questo momento critico e auguro al governo di transizione di ristabilire la pace nel Paese”.

I due leader dello sconquassato Stato del Corno d’Africa non sono riusciti a trovare l’accordo su diverse questioni: la nuova Costituzione che dovrà entrare in vigore alla fine del mandato, tra un anno, del governo di transizione uscito dagli accordi di pace di Gibuti di gennaio 2009. Sharif vorrebbe il referendum costituzionale, invece Sharmarke ha sempre ritenuto impossibile lo svolgimento di una consultazione regolare nella situazione di perenne belligeranza del Paese e aveva quindi proposto di affidarne l’approvazione soltanto al Parlamento.

La fronda contro il figlio dell’ex presidente, Abdirashid Ali Sharmarke, assassinato nel 1969, era iniziata a maggio con il voto di sfiducia del Parlamento che però il premier definì incostituzionale. Ma la pressione e le accuse di Sharif di non aver saputo contrastare l’avanzata islamista hanno provocato uno scontro istituzionale sfociato oggi nelle dimissioni del premier. D’altronde la storia politica del Paese è segnata dalle rivalità tra le tre più alte cariche dello Stato, presidente, primo ministro e presidente del Parlamento, che, in base a un accordo istituzionale, devono appartenere ognuno alle tre principali federazioni di clan del Paese. E l’instabilità istituzionale non ha certo favorito la pacificazione e la ricostruzione in Somalia, lacerata da una guerra civile ventennale.

Ma, dicono gli osservatori, neanche il musulmano moderato Sharif è riuscito a contrastare il dilagare degli islamisti di al Shabaad e Hizbul Islam. Controllano la Somalia centromeridionale e gran parte della capitale Mogadiscio, imponendo la sharia alla popolazione. Le violenze si sono intensificate negli ultimi mesi e i militanti di al Shabaab hanno minacciato di colpire anche all’estero, come già accaduto in Uganda durante i Mondiali del Sud Africa. Altri hanno osservato che le dimissioni di Sharmarke non modificano la situazione, ossia l’assenza di un governo centrale effettivo.

Oggi un attacco kamikaze contro il palazzo presidenziale ha fatto due feriti tra i militari del contingente dell’Unione africana -Amisom- che su mandato Onu supporta le Forze armate somale nel tentativo di pacificare il Paese. Ma neanche l’invio di rinforzi (2.000 soldati) ha fermato al Shabaab e gli scontri hanno fatto decine di vittime tra i civili e centinaia di sfollati.

NTNN