TV-VERITÀ – Lio Beghin, l’inventore della tv-verità, è morto venerdì scorso a Roma all’età di 81 anni. L’annuncio della scomparsa, ad esequie avvenute, è stato dato oggi dalla famiglia.
A partire dal 1987, chiamato da Angelo Guglielmi a partecipare alla trasformazione di Raitre, Beghin ideò il filone della cosiddetta tv-realtà con programmi in diretta rivolti a promuovere la partecipazione attiva e solidale del pubblico: ad esempio “Posto pubblico nel verde” con Donatella Raffai e altri, “Telefono giallo” condotto da Corrado Augias, “Linea rovente” con Giuliano Ferrara, “Chi l’ha visto?” con Donatella Raffai e Paolo Guzzanti, “Terzo grado” con Piero Craveri, “Filo'” con Giorgio Celli.
Nel 1990, in collaborazione con Roberto Olla, ha raccolto in un volume edito da Nuova Eri i testi delle prime serie di “Chi l’ha visto?” introdotti da un’ampia illustrazione del programma.
Nato nel 1929 in provincia di Padova, Lio Beghin si laureò in filosofia alla locale Università. Dopo una formazione teatrale a Parigi e dopo aver diretto per qualche tempo un piccolo teatro nella sua città, spinto da uno specifico interesse per le forme più popolari di spettacolo, alla fine del 1961 si trasferì a Roma per entrare alla Rai da addetto ai programmi televisivi di fiction. In questa veste ha curato numerosi sceneggiati: da ”Quei trentasei gradini” a ”Little Roma”.
Poi, in linea con la sua concezione della tv come mezzo sociale e su richiesta di Angelo Guglielmi, Beghin si occupò del filone sperimentale del “Teatro-inchiesta”.
Per tutti gli anni Settanta e per gran parte degli Ottanta ha curato alcune grandi ricostruzioni storiche, oltre a sceneggiati vari di divulgazione sociale, fino alle prime edizioni de “La piovra” (il titolo della fortunata serie lo si deve proprio a lui). Uscito nel 1990 dalla Rai, con una propria società (“Evento-tv”) Beghin ha poi fornito programmi a Rete4 e a TeleMonteCarlo.
Nel 1995 ha pubblicato il romanzo “Feroce amor mio” (Loggia dé Lanzi editrice, Firenze) per raccontare la disperazione d’un naufragio nella dimensione fittizia creata dai moderni mezzi di comunicazione.
Nel 2004 ha pubblicato una testimonianza sulla propria esperienza di lavoro con Angelo Guglielmi in un numero dedicato a quest’ultimo dalla rivista “Panta” della editrice Bompiani. Nel 2006, affascinato dalle nuove tecnologie, l’ormai settantenne Lio Beghin, approdò su internet con un proprio sito ”Dall’urlo alla rete”.
Fonte: Adnkronos