SOMALIA / Pirati, nel 2010 diminuiscono gli assalti nel Corno d’Africa e nell’Oceano Indiano

SOMALIA – Dal giugno 2008, anno in cui una prima missione navale anti pirateria marittima intervenne nel mare del Corno d’Africa, ad oggi è trascorso un bel p’ di tempo. Successivamente diverse altre missioni sono poi intervenute. I Paesi occidentali, direttamente interessati a debellare il fenomeno della pirateria marittima nel mare al largo della Somalia, si sono sempre di più impegnati in un grosso sforzo per debellare questa piaga. Un impegno che però, assorbe ingenti risorse finanziarie e sempre più crescenti. Questo, in quanto l’impiego di una nave da guerra in quelle lontane acque pesa sulla spesa del Paese di appartenenza tra i 100mila e i 250 mila euro al giorno. Sapendo che l’impegno medio di una nave è di tre mesi, il calcolo del costo totale è presto fatto.

A fronte di questo enorme impegno, da parte della comunità internazionale, sia con missioni congiunte sia con missioni relative ad un singolo Paese, nel Golfo di Aden e al largo della Somalia, dove incrociano ormai almeno 30 unità navali da guerra delle flotte internazionali, comprese quelle della NATO, Ue e USA, gli attacchi dei pirati somali ai mercantili in transito in quelle acque hanno fatto registrare un sensibile calo. Un dato questo, confermato anche da un recente rapporto, pubblicato lo scorso mese di luglio, dall’International Maritime Bureau, IMB con sede a Kuala Lumpur.

Quella della pirateria si è rivelata per i predoni del mare somali un vero e proprio business. I proventi derivanti dai riscatti pagati ai pirati somali sono stati almeno di 55 milioni di dollari nel 2008 e oltre 100 milioni nel 2009. Proprio il 2009 è stato l’anno dell’escalation del fenomeno. Dall’inizio di quest’anno però, gli assalti sembrano essere diminuiti. Nei primi sei mesi del 2010 nel ‘mare dei pirati’ gli arrembaggi sono stati 33 contro gli 86 dello stesso periodo del 2009. In totale nel 2009 gli assalti erano stati 200, di cui 68 sono andati a buon fine. Un calo degli attacchi molto considerevole e determinato, oltre che dall’intenso pattugliamento al largo della Somalia dalle navi da guerra della coalizione internazionale anti pirateria marittima, anche dalla presenza di guardie armate private o militari a bordo delle navi che intraprendono la navigazione nelle acque infestate dai pirati somali. Per molti però, è solo un calo fisiologico dovuto essenzialmente alla necessità dei pirati di riorganizzarsi, magari scegliendo nuove rotte ed altri mari non pattugliati. Il marcato successo delle contromisure adottate dalla comunità internazionale contro i pirati somali sta infatti, producendo un ulteriore allargamento del raggio d’azione dei ‘predoni del mare’. Questi infatti, si sono sempre di più spinti più al largo, in un primo tempo verso nord, fino all’arcipelago delle Seychelles nel cuore dell’Oceano Indiano. In queste acque gli assalti alle navi sono infatti, aumentati. Nei primi sei mesi del 2010 sono stati 51 contro i 44 nello stesso periodo del 2009. Per contrastare il crescente fenomeno le autorità delle Seychelles hanno costituito un ministero ad hoc, il ministero per la lotta alla Pirateria. Inoltre il Paese, che vive di turismo, ospita sul suo territorio basi da cui decollano gli aerei senza piloti, droni, i velivoli teleguidati americani utilizzati per la sorveglianza marittima in chiave anti pirateria. Successivamente è stato anche rafforzato il controllo delle sue acque da parte delle missioni anti pirateria marittima presenti nell’area. Questo ha comportato che in un secondo momento i pirati somali hanno iniziato a spostarsi anche verso sud, in direzione di Kenya, Mozambico, Tanzania, Botswana e Sudafrica, dove per ora le rotte non sono ancora battute dai pattugliatori delle marine da guerra della comunità internazionale. In queste acque già si sono registrati decine di attacchi a navi commerciali o da pesca da parte dei pirati somali.

I primi veri successi di quest’anno nella lotta alla pirateria marittima si sono cominciati a registrare dal 16 gennaio scorso quando la Fregata turca ‘Goekova’ riuscì a catturare nel Golfo di Aden ben sei pirati somali dopo che questi avevano dato l’assalto ad una barca indiana. Qualche settimana più tardi, il 4 marzo si registrò una nuova vittoria contro i pirati. Nelle acque dell’Oceano Indiano la scorta armata imbarcata a bordo della nave spagnola ‘Albacan’ mise in fuga i pirati somali che avevano tentato l’arrembaggio alla nave. Ambedue gli episodi rivelavano la validità della capacità di contrasto delle iniziative intraprese contro il fenomeno della pirateria marittima. Non si trattava più, per le gang del mare, avere a che fare con inermi marinai e navi indifese. Di fronte alla minaccia che gli aggrediti o chi cerca di proteggerli potessero ricorrere alle maniere forti alla fine è risultato determinante affinchè i pirati limitassero le loro azioni. Il ‘colpaccio’ la comunità internazionale lo ha fatto però, quando ha incassato il 27 aprile scorso, con un voto unanime, la richiesta del Consiglio di Sicurezza dell’ONU a tutti gli Stati del mondo di criminalizzare la pirateria marittima adottando apposite leggi negli ordinamenti nazionali per poter perseguire legalmente i pirati catturati a largo delle coste somale. Un passaggio importante questo, in quanto dava ai Paesi occidentali l’arma, lo strumento, per poter, una volta catturati, giudicare, condannare e punire i pirati somali. Finora sono centinaia i pirati catturati nel corso delle operazioni anti pirateria svolte nell’ambito delle missioni internazionali operanti nel mare del Corno d’Africa e nell’Oceano indiano. Di questi, quindici sono stati già giudicati e condannati da uno speciale tribunale a Mombasa in Kenya. Questo in base ad un accordo che la comunità internazionale ha siglato con questo Paese africano che si è impegnato a indire processi contro i pirati catturati e a custodirli nelle sue prigioni. Il tribunale di Mombasa è finanziato dall’ONU, Unione Europea, Ue, Australia e Canada. Una volta terminato di scontare la pena, i condannati saranno poi, rimpatriati in Somalia. Sono invece, al momento nelle mani dei pirati, in attesa che si paghi un riscatto per il loro rilascio, almeno 20 navi e circa 380 marittimi membri degli equipaggi di queste navi catturate.

Ferdinando Pelliccia