PIRATI SOMALI DIVENTANO PROBLEMA INTERNAZIONALE / UE propone nuove strategie per combattere i moderni filibustieri

PIRATI SOMALI DIVENTANO PROBLEMA INTERNAZIONALE – Sono 434 gli ostaggi nelle mani dei pirati somali. Tra gli ostaggi anche degli europei membri degli equipaggi delle navi catturate. Ed anche una coppia di anziani, i coniugi Paul e Rachel Chandler catturati un anno fa.Mentre i pirati somali continuano i loro attacchi nel mare del Corno d’Africa e nell’Oceano Indiano.

Un azione la loro che mette a rischio la libera navigazione specie per le navi commerciali dei Paesi occidentali che attraverso il canale di Suez e raggiungono l’altro ‘capo del mondo’. I Paesi dell’Oceano Indiano in accordo con l’Unione Europea, Ue, hanno adottato una strategia regionale per migliorare la lotta contro la pirateria marittima.

 La decisione è stata adottata nel corso di un vertice ministeriale tenutosi alle isole Mauritius. La strategia si basa su tre pilastri principali: un piano d’azione a terra in Somalia che combatta le cause della pirateria; l’incoraggiamento ai Paesi della regione perché perseguano legalmente i pirati catturati con il sostegno tecnico e finanziario della comunità internazionale; infine, un rafforzamento delle capacità dei Paesi della regione di mettere in sicurezza le zone marittime. Dal mese di aprile scorso la flotta della Ue della missione ‘Atalanta’ ha anche attivato azioni preventive al largo della Somalia bloccando e controllando ogni imbarcazione in uscita e in entrata da e per i porti somali considerati basi dei predoni del mare.

Nel frattempo nel mare del Corno d’Africa e dell’Oceano Indiano continuano gli arrembaggi da parte dei pirati somali. Questo nonostante l’intensa attività di pattugliamento e scorta ai mercantili nelle acque dell’Oceano Indiano e del Golfo di Aden da parte delle unità navali militari internazionali impegnate nelle vari emissioni anti pirateria. Fino al 2009, le acque predilette dai pirati somali erano quelle del Golfo di Aden. Su quel tratto di mare si sono concentrati i controlli delle navi militari europee, americane, russe, indiane, cinesi, coreane, iraniane, egiziane e tante altre che nel tempo sono riuscite a creare un corridoio di sicurezza, quasi inaccessibile ai pirati. Il risultato raggiunto è stato quello che gli attacchi sono diminuiti del 61 per cento. Questo però, non ha voluto significare che la pirateria marittima sia stata debellata. I pirati somali si sono semplicemente spostasti verso sud. In questo modo l’allarme pirateria ha raggiunto anche le acque al largo del Kenya, Mozambico, Tanzania, Botswana e perfino Sudafrica, tanto che la comunità per lo sviluppo dei Paesi dell’Africa meridionale ha organizzato un centro per la gestione delle prime emergenze.

 Soltanto in Africa, secondo un rapporto del World Peace Foundation, l’area a rischio è passata da 205 mila a 2,5 milioni di miglia quadrate di mare. I pirati somali si sono spinti anche nelle acque del Mar Rosso e del Mar Arabico. Il centro nevralgico della pirateria marittima rimane però, sempre la Somalia, dove la debolezza del governo di Mogadiscio sta consentendo alle organizzazioni criminali di prosperare indisturbate la loro attività criminale.

Qui delle vere e proprie gang del mare, che sembra non siano più di sette, con 1.500 uomini al loro soldo, stanno riuscendo a dare scacco alla comunità internazionale. Però, nelle ultime settimane si è verificata una svolta nell’azione di contrasto da parte della comunità internazionale. La flotta militare anti pirateria marittima dispiegata nel mare dei pirati ha iniziato ad effettuare operazioni più energiche nei confronti dei pirati. I primi risultati si sono registrati con la cattura di una settantina di pirati somali alcuni dei quali sono stati catturati e consegnati alle autorità del Puntland e del Somaliland, le due regioni semiautonome della Somalia.

 Finora sono state arrembate navi britanniche, tedesche, statunitensi, francesi, spagnole, italiane, giapponesi, indiane, indimenticabile la vicenda del rimorchiatore d’altura italiano ‘Buccaneer. Tutti i governi di questi Paesi, per riottenere il rilascio delle navi e degli equipaggi catturati, hanno dovuto pagare un riscatto ai pirati somali. Lo scopo dei moderni filibustieri è infatti, l’assalire e sequestrare i cargo che navigano nelle acque al largo della Somalia e poi, esigere un riscatto, trattando direttamente con gli armatori, le società, o addirittura gli stessi governi dei Paesi da cui le navi e i marittimi sequestrati provengono.

Negli ultimi anni il loro business è quasi raddoppiato: dai 55 milioni di dollari del 2008, ai 100 milioni dell’anno scorso. E quest’anno si è perso il conto. Per giungere al loro scopo, i pirati somali sono disposti ad attendere anche mesi, intraprendendo snervanti trattative, e mai hanno rilasciato una nave o dei marittimi senza aver incassato in cambio un riscatto. Sono almeno 25 le imbarcazioni tenute ancora sotto sequestro dai pirati somali e 434 gli ostaggi nelle loro mani. Tra gli ostaggi anche degli europei membri degli equipaggi delle navi catturate.

I pirati somali trattengono anche una coppia inglese. Si tratta dei coniugi Paul e Rachel Chandler catturati nel mese di ottobre del 2009 insieme al loro Yacht al largo delle Seychelles. L’imbarcazione venne poi, abbandonato. La gang del mare che li ha in ostaggio chiede per la loro rilascio 7 milioni di dollari. Le trattative sono ferme da mesi.

I governi dei Paesi occidentali stanchi però, di questa vessazione sono corsi ai ripari. Tutti, o nella totalità, hanno adottato misure aventi valenza deterrente come quello di imbarcare sulle navi guardie private armate o in alcuni casi, come la Francia, militari della marina. Non mancano però iniziative per cercare di ritrasformare i pirati somali in pescatori. Uno di questi progetti è condotto dalla Spagna. Il Paese è tra i più colpiti dal fenomeno in quanto è presente nel mare dei pirati con una flotta di 27 pescherecci d’altura dediti alla pesca del tonno. Uno di questi, l’Alakrana venne sequestrato e per il suo rilascio il governo spagnolo ha ammesso di aver pagato 4 milioni di dollari. Dopo questo episodio il governo di Madrid ha autorizzato i pescherecci ad imbarcare guardie armate a bordo. Un provvedimento che si è rivelato provvidenziale in quanto ha fatto si che ogni altro tentativo di arrembaggio ad altre navi da pesca, da parte dei pirati somali, sia finora sempre fallito. L’ultimo l’8 ottobre scorso. Purtroppo il mantenere uomini armati a bordo dei pescherecci spagnoli costa circa 6 milioni di euro all’anno. La metà del costo è coperta dal governo spagnolo sottoforma di sovvenzioni agli armatori spagnoli.

Ferdinando Pelliccia