ARRESTATI 6 ESPONENTI CLAN CASALESI – Ancora un duro colpo al clan dei casalesi. Cinque giorni dopo l’arresto del numero uno della camorra di Casal di Principe Antonio Iovine, gli agenti della Squadra mobile di Caserta hanno arrestato altri 6 casalesi. Uno degli indagati si trovava già in carcere ed è l’ex boss dell’ala stragista Giuseppe Setola arrestato 10 mesi fa a Mignano Montelungo. Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa ed estorsione continuata, aggravata dall’avere agito con metodo mafioso e allo scopo di agevolare l’organizzazione del clan dei casalesi-gruppo Bidognetti. Gli agenti della Squadra mobile di Caserta sono stati delegati alle indagini dai pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli diretta dal procuratore aggiunto Federico Cafiero de Raho. Gli inquirenti hanno disarticolato la «frangia liternese» egemone a Villa Literno, 15 mila abitanti situata lungo il litorale domizio. Gli investigatori hanno svelato una serie di estorsioni eseguite in quella zona del casertano. Sotto lo schiaffo del clan sarebbero finiti addirittura una trentina di aziende, tra caseifici, pescherie, allevamenti ittici, depositi di fuochi d’artificio, imprese di costruzione, rivendite di materiale edile, panifici, ditte di autotrasporto, rivendite di prodotti ortofrutticoli, distributori di carburante.
Le vittime erano «vessate dalle pretese estorsive dei casalesi sempre più pressanti -spiega il procuratore Cafiero de Raho e progressivamente più elevate con l’intensificarsi dei numerosi provvedimenti giudiziari susseguitisi negli ultimi anni». Le indagini hanno avuto inizio a dicembre di due anni fa quando una pattuglia di agenti eseguì un controllo nei confronti di un appartenente al clan dei casalesi, Vincenzo Catena detto «o scimmionè. Catena fu trovato in possesso di mille euro e di due liste sulle quali, scritte a mano, c’erano gli elenchi di numerose ditte con a fianco una cifra che come accertato successivamente corrispondeva alla tangente da pagare. Su quegli elenchi sequestrati la polizia, coordinata dai pm della Dda ha lavorato riuscendo ad accertare «una capillare attività estorsiva con richieste di versamento di tangenti nelle canoniche scadenze di Natale, Pasqua e Ferragosto -spiegano in Procura- per un ammontare variabile dai 1.000-1.500 ai 10.000 euro, proporzionato al giro di affari ed alla floridità economica delle aziende». La ‘frangia liternesè versava il 50% delle somme estorte a Setola, quota che poi confluiva nelle casse del clan Bidognetti mentre l’altra metà veniva utilizzata per gli stipendi degli affiliati al gruppo locale«. Attraverso alcuni assegni trovati nella disponibilità degli indagati la Squadra mobile casertana è riuscita ad individuare un conto corrente intestato ad una persona inesistente acceso per gestire il lucroso giro di estorsioni sul quale transitavano i proventi delle tangenti. Catena viene ritenuto il referente territoriale del clan Bidognetti e il collettore ed esattore delle tangenti. Il collaboratore di giustizia Francesco Diana che aveva guidato il gruppo liternese fino al momento del suo arresto, avvenuto nel luglio del 2009 ha confermato con le sue dichiarazioni il ruolo tenuto da Vincenzo Catena. Catena dopo l’arresto di Setola aveva poi retto le sorti del clan per 6 mesi. Dopo l’arresto ha contribuito all’indagine svelando i nomi delle vittime delle estorsioni. Catena avrebbe svelato agli inquirenti della Dda le abbreviazioni e i termini simbolici utilizzati nelle liste sequestrate. Una delle due liste era stata redatta da lui personalmente e consegnata agli affiliati per la raccolta del denaro.
Fonte: Adnkronos