Repubblica: L’incubo della guerra atomica mondiale: tensione al confine fra le due Coree

GUERRA AL CONFINE FRA LE DUE COREE – All´orizzonte si alzano le luci che, dalla costa, annunciano lo scalo di Incheon, avamposto portuale di Seul, sfavillante capitale del Sud. Di lato la carlinga è invece rischiarata da bagliori lontani, violacei e limone, perduti come falò naviganti sulle onde, che raccontano una giornata di battaglia al largo del Mar Giallo, lungo il confine incerto con il Nord. Alte folate di fumo grigio, che potrebbe sembrare nebbia, o una nuvola trasportata dal vento, interrompono a tratti la visione dell´arcipelago di Yeonpyeong, dove l´isola maggiore continua a bruciare. È tra i roghi che inceneriscono ancora colline verdissime, tra le case crollate dei pescatori sudcoreani e le caserme colpite della base dei marines di Seul, che il regime fallito di Pyongyang ha scatenato ieri l´attacco che diffonde nel pianeta l´incubo di una guerra atomica, lo spettro di ciò che potrebbe essere il terzo conflitto mondiale.

Tutti i passeggeri del volo da Pechino fissano in silenzio il volto della guerra, spaventoso anche se perduto nel mare, privo di odori e di suoni. Le fiamme di Yeonpyeong, le macerie, le strade vuote e buie, gli slarghi che celano i bunker sotterranei dove si sono nascosti 1600 abitanti terrorizzati, scorrono rapide lungo il trentottesimo parallelo, pochi istanti prima che l´aereo atterri a Incheon. Qui, centoventi chilometri a oriente, le piste sono invase di caccia del Sud, decine di «F16» e di «F15» schierati per il decollo immediato, o appena rientrati dai pattugliamenti nella zona del conflitto.

Nessuna imbarcazione è arrivata da Yeonpyeong e un centinaio di abitanti dell´isola, sulla terraferma per fare scorte, bivaccano sul molo che li divide dai villaggi trasformati in prima linea. Cercano invano di parlare al cellulare con le loro famiglie, per sapere chi è incolume e chi è stato colpito, quali case sono state abbattute. «Uccidete quei cani rabbiosi», ordinano ad un gruppo di giovani marines che salpano su una motovedetta. I «cani» sarebbero Kim Jong-il, «caro leader» del Nord, e il suo terzogenito Kim Jong-un, 28 anni, da poco più di un mese indicato come successore al potere di Pyongyang. Ed è chiaro che questa volta, esasperati dal siluramento della corvetta Cheonan, dove il 26 marzo sono morti 46 marinai, i sudcoreani non li potranno perdonare.

Erano le 14.34 locali quando il primo colpo di artiglieria del Nord si è tuffato nell´acqua color piombo, a pochi metri dalla riva dell´isola. Il cielo era azzurro e il sole rinviava l´inverno. In quel momento è andato a pezzi l´armistizio del 1953, mai sostituito da un Trattato di pace e già sospeso da Kim Jong-il a fine maggio. «In pochi minuti – racconta Woo Soo-Who, albergatore di Yeonpyeong – decine di bombe ci sono piovute addosso. Il rumore e una specie di vento erano insopportabili. Abbiamo sentito il villaggio tremare, poi crollare. La polvere chiudeva gli occhi, non si respirava dal fumo, tutti gridavano e scappavano. Poi gli incendi, prima circoscritti nella zona nord, si sono estesi alle colline con un fronte di quattro chilometri».

 Due i soldati sudcoreani uccisi, quindici i feriti, di cui tre gravi. Ricoverati anche una decina di civili. L´esercito di Seul, impegnato nel primo giorno di una esercitazione in mare che impegna 70 mila effettivi, ha immediatamente reagito. Un´ottantina di missili hanno colpito le postazioni nemiche e il generale Lee Hong-Ki ha fatto alzare una pattuglia di caccia da combattimento. Poco meno di tre ore di guerra, in mare e nel cielo. Poi l´incubo di non riuscire a fermarsi, di non potere più tornare indietro, ha indotto Seul e Pyongyang a sospendere la battaglia che uccide per iniziare quella delle minacce e delle accuse incrociate. Il presidente sudcoreano Lee Myung-Bak ha convocato d´urgenza un «governo di guerra» e ha elevato lo stato di allerta al livello di «minaccia vitale»

[…]Il comando militare supremo del Nord ha tacciato il Sud di «aver sparato per primo, decine di colpi a partire dalle 13 nonostante ripetuti avvertimenti». «Non abbiamo potuto che assumere un´iniziativa militare immediata – ha detto la tivù del regime mostrando le immagini dei due Kim seraficamente in visita ad una fabbrica di soia – e lanceremo nuovi attacchi spietati se Seul sconfinerà ancora solo di 0,0001 millimetri». Il copione è antico, ma la pressione che da mesi sale nella regione, sta sconvolgendo la scena. Ciò che realmente è accaduto nell´arcipelago conteso, a sud della linea di frontiera dell´Onu ma a nord del confine tracciato dal padre di Kim Jong-il, resta un mistero. Il problema è capire perché, mentre l´inviato speciale Usa per la questione coreana Stephen Bosworth atterrava a Pechino, è riesplosa la guerra. Gli analisti dell´Occidente sostengono che è stato «lo strano modo di Pyongyang di chiedere la ripresa dei colloqui a Sei» sulla denuclearizzaizione, sospesi da oltre un anno.

A Incheon e a nord del posto di blocco di Pam Mun Jon, ultimo relitto della Guerra Fredda, la popolazione questa sera non pensa ai grandi giochi dei piccoli strateghi. Da sessant´anni sopravvive divisa, ricattata dalle bombe, sospesa tra democrazia e dittatura, alla deriva di un rebus esplosivo di cui nessuno vuole trovare la soluzione. E adesso, paralizzata davanti al mostro in tivù, vuole solo capire cosa succederà domani.

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