Repubblica: Scomparsa di Yara, le indagini ripartono dai familiari. Fikri chiede risarcimento

SCOMPARSA DI YARA – «Non riuscivo a dormire al pensiero che ci fosse un innocente in carcere», confida il pm Letizia Ruggeri. Ma mentre per Mohamed Fikri, il 22enne fermato con l´accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, si apriva la porta della cella, già carabinieri e polizia, ieri mattina, erano al lavoro su nuovi filoni d´indagine: insieme, si è deciso nel corso di un vertice in procura, dovranno trovare una spiegazione al mistero della scomparsa della ragazza di Brembate di Sopra.

Si riparte dalla sfera delle persone più vicine alla tredicenne, amici, familiari e vicini: per questo i carabinieri del Racis, specializzati nella ricerca di persone scomparse, hanno risentito ieri i genitori della ragazza. Anche i carabinieri ora lavorano sulla pista indicata dalla polizia, quella delle due persone in auto che avrebbero avvicinato Yara all´uscita dalla palestra: tra le ipotesi, non si esclude il coinvolgimento di un conoscente della famiglia. Negativi gli accertamenti su altri oggetti ritrovati nelle ricerche: un telefonino e un orologio. E uno zainetto spuntato domenica durante le ricerche nel bosco di Ambivere: questo e altri due reperti sono stati inviati al Ris di Parma per verificare se sono passati dalle mani di chi può aver rapito Yara. Non sono emerse tracce del sangue della ragazza, resta da verificare la presenza di altri residui del Dna attribuibili a lei.

Il muratore marocchino resta indagato ma non si punta più su di lui. Ieri mattina il gip Ezia Maccora ne ha disposto la scarcerazione, come chiesto dal pm. L´ordinanza convalida il fermo disposto dalla procura dopo il blitz a bordo di una nave al largo di Sanremo. Ma prende atto che il pubblico ministero, «modificando la precedente richiesta di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere», ha riscontrato «l´assenza sopravvenuta di un adeguato grado indiziario». Decisivi i pareri di ben sette traduttori interpellati dal pm Ruggeri. La frase «Perdonami, Allah, non l´ho uccisa io» è diventata così, «Che Dio lo spinga a rispondere» e altre varianti simili. «Non ho usato la parola uccidere, fate sentire quella frase a un traduttore che conosca l´arabo», ha chiesto più volte nel corso dell´interrogatorio Fikri, che ha spiegato anche che stava pronunciando quelle parole mentre tentava di telefonare a El Amroui Eddone, un cugino che gli doveva restituire i duemila euro prestati in vista di un matrimonio. Eddone, interrogato, ha confermato tutto.

Chiarito anche il passaggio di un´intercettazione nella quale Fikri chiedeva alla fidanzata di buttare via una vecchia scheda telefonica e di utilizzarne una nuova: «Volevo che non ricevesse più i messaggi del suo ex». E il viaggio in Marocco scambiato per un tentativo di fuga? «Era programmato – ha spiegato Fikri – e se i miei genitori non lo sapevano e perché volevo fare loro una sorpresa». Sapeva dell´imminente partenza, però, il suo datore di lavoro, Roberto Benozzo, anche lui sentito dai pm. Ora gli avvocati difensori di Fikri, Roberta Barbieri e Giovanni Fedeli, vogliono chiedere, a titolo simbolico – sebbene il gip abbia convalidato il fermo – il risarcimento per ingiusta detenzione. E per dimostrare il danno d´immagine subito dal marocchino, allegheranno le foto dei cartelli razzisti apparsi a Brembate all´indomani del fermo.

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