STRESS DA LAVORO CORRELATO – A partire dal mese di gennaio 2011, le aziende dovranno valutare i fattori di “stress da lavoro correlato” oltre alle forme più tradizionali finora considerate: e così all’uso di sostanze pericolose o a particolari macchinari, l’orario, i turni, s’inseriscono nuovi parametri come la ripetitività delle azioni quotidiane, i carichi, i ritmi di lavoro o l’incertezza delle prestazioni richieste.
Un ammodernamento delle griglie di valutazione dello stress da lavoro, accolto con plauso dal sociologo del lavoro Domenico De Masi: “Un secolo fa – spiega De Masi- la maggior parte dei lavoratori erano manuali, lavoravano con la fatica fisica. Oggi, invece, il 70% lo fa con la fatica psichica. In passato, dunque, ci si è preoccupati di proteggere il corpo dall’usura, da un eccesso di sforzo fisico; oggi che la maggior parte dei lavori è intellettuale il pericolo riguarda il cervello, un organo delicatissimo che si può slabbrare, rompere staccare, è come un muscolo e in quanto tale soggetto a tutti i pericoli. In questo caso non di contrarre la tbc, ma può ammalarsi di stress, di nevrosi. Purtroppo si vedono meno, ma sono tutti pericoli che esistono”.
Come riporta l’Ansa, il sociologo del lavoro, accoglie piacevolmente questa nuova norma: “Ben venga quindi quest’obbligo per le aziende: finalmente ce ne accorgiamo. Credo forse che con un baluardo così forse non si creino danni irreparabili. Così come irreparabile è la perdita di una mano, allo stesso modo lo è la perdita di un neurone”.
Lo stress da lavoro correlato è stato un fenomeno sottovalutato secondo l’esperto in quanto “non si vede”. In tal senso, De Masi, propone un’ulteriore distinzione nel lavoro cosiddetto “intellettuale”: “Prendiamo cento lavoratori, trenta lavorano con le mani e settanta con il cervello. Tra quest’ultimi settanta, venti fanno un lavoro creativo: è il caso, per esempio, di scienziati o professori. Per i restanti (come bancari o casellanti) sarebbe importante ridurre l’orario di lavoro anche per creare nuovi posti. Così come sarebbe importante fare molte pause trattandosi di un lavoro ripetitivo: il meccanismo cerebrale si riassetta come un computer. Il lavoro creativo, invece, non finisce mai, non c’è separazione con la vita. Ed ognuno, in questo caso, ha un suo bioritmo: Beethoven lavorava continuamente; Rossini poco, ma si concentrava molto; Moravia solo la mattina”.