RAPIMENTO DI YARA GAMBIRASIO A BREMBATE SOPRA – Sono passati dieci minuti dall´appello dei genitori di Yara e l´investigatore unodi quelli che stanno sul giallo di Brembate dalla prima ora – va subito al punto. «Cerchiamo di capirci. Loro (i genitori, ndr) fanno bene a parlare e a pensare come se Yara fosse viva. Lo facciamo noi, figuriamoci se non lo devono fare loro. Ma attenzione – confida – spero che adesso nessun esperto o “opinionista” vada in televisione a offrire dietrologie a gettone. Tipo che se quella povera madre e quel povero padre pensano che è viva, allora vuol dire che sospettano di qualcosa o di qualcuno, o chissà che altro che però non vogliono o non possono dirci».A 33 giorni dal rapimento di Yara Gambirasio, conviene partire dal ragionamento del poliziotto per provare a capire perché la giovane ginnasta sparita nel nulla il 26 novembre può essere ancora nelle mani dei suoi sequestratori, da viva. È la tesi sostenuta dai genitori ed è la stessa che – ha riferito ieri Fulvio Gambirasio – frulla nella testa dagli investigatori. Ma perché ne sono persuasi? Che cosa glielo fa pensare?
Bisogna iniziare – spiega chi conduce le indagini – da tre riflessioni. E lì occorre tornare. A costo di sbattere contro domande ancora irrisolte. La prima riflessione è “geografica”. Se dopo un mese di ricerche – prima a tappeto, poi mirate, poi di nuovo a tappeto in un´area che ha ormai superato i 400 chilometri quadrati e con un dispiegamento di uomini (5mila tra forze dell´ordine, protezione civile e esercito di volontari) mai visto prima in nessun sequestro – se con questa dragatura di una vastissima parte della provincia di Bergamo non si è trovata né Yara né una minima traccia che conduca a lei – un oggetto, un indumento, un capello – può significare una cosa. Che chi l´ha portata via non è un dilettante improvvisato. Uno che dopo aver commesso un crimine odioso – rapire una ragazzina uscita dalla palestra – la trasporta (viva o morta) in un posto “tracciabile”. Non troppo distante da Brembate.
Al contrario – ed è la seconda riflessione – il mese di ricerche infruttuose farebbe pensare a un´azione organizzata: una o più persone preparate che sapevano dove e come nascondere la ragazza. Anche per molti giorni. Già. E però: a che scopo? Estorsione? Nessuna richiesta è arrivata ai Gambirasio. Che peraltro non sono così ricchi da giustificare un piano simile. Ritorsione contro qualche familiare? Le indagini fin qui sembrano averlo escluso. E se i rapitori avessero sequestrato la persona sbagliata (sospetto affacciato dal padre di Yara)? La figlia dei vicini – il capo famiglia è un imprenditore – non assomiglia a Yara. E, nel caso, quest´ultima l´avrebbero già liberata.
La terza riflessione riguarda le poche testimonianze raccolte. Sia Enrico Tironi che gli altri due teste sentiti dagli inquirenti hanno parlato di due persone che sarebbero state viste accanto o nelle immediate vicinanze di Yara il giorno della scomparsa. Due persone non sono un maniaco colto da raptus. E nemmeno uno dei tanti camionisti che passano nella zona del centro sportivo. Più facile – se i racconti sono ritenuti attendibili, quello di Tironi lo è – che due persone siano parte di una banda di sequestratori. O loro stessi una banda.
«Nessuna pista è esclusa e nessuna è ancora tramontata», ripeteva ancora ieri un detective. Ma la sensazione è che, parallelamente alle indagini avviate sulle migliaia di telefonate transitate sulle celle di Brembate e Mapello il 26 novembre – indagini che richiedono ancora diversi giorni di lavorazione prima di poter offrire riscontri “interessanti” – polizia e carabinieri abbiano orientato la bussola su uno scenario che, effettivamente, fuori di prassi, prevede Yara ancora in vita. Così come le speranze di restituirla ai suoi genitori. Questa ipotesi, però, ed è il problema più grosso, interpella l´andamento di un´inchiesta in cui finora si fatica a scorgere l´esistenza di una pista più accreditata di altre. Se Yara è ancora viva, chi può avere avuto interesse a sottrarla al suo «piccolo mondo»? E perché per così tanto tempo?
Repubblica.it