
VIAGGI E ALTRI VIAGGI TABUCCHI – “Non è vero che il mondo è piccolo, non è neppure vero che è un villaggio globale, come pretendono i mass media. Il mondo è grande e diverso. Per questo è bello: perché è grande e diverso, ed è impossibile conoscerlo tutto”. Quando Tabucchi ha scritto queste parole, riportate nel libro Viaggi e altri viaggi (Feltrinelli), probabilmente si trovava al molo di Alcantara, in Portogallo, oppure seduto a uno dei bistrot in quella piccola ma suggestiva piazza nella quale sfocia la rue Jacob, proprio a Saint-Germain-des-Prés, a Parigi. Ce lo immaginiamo con penna e fogli tra le mani. Silenzioso, assorto. Antonio Tabucchi, una vita dedicata alla scrittura, per la quale, potremmo dire, nutre un amore viscerale, ha viaggiato tra le città d’Italia, d’Europa e anche oltre oceano, fino a toccare l’Australia. Un navigatore d’altri tempi, conoscitore di popoli e culture, appassionato della vita in ogni sua forma. Viaggiatore e scrittore, oltre che colto uomo di lettere e storia, capace di incantare con la sua dialettica da oratore, ha aperto una finestra, grazie al libro Viaggi e altri viaggi, su una parte della sua vita: partendo dall’infanzia (durante la quale cominciò il suo viaggio, aiutato da una buona dose di fantasia e creatività ma soprattutto dal libro L’isola del tesoro, che, lui stesso, reputa tutt’ora “magico”, e dall’atlante De Agostini) iniziò a farsi un’idea di ciò che avrebbe potuto essere il mondo che lo circondava. Ben presto scoprì che l’atlante dava una visione molto riduttiva del mondo che, in realtà, era complesso e, nella sua complessità, affascinante. Ed ecco che parte. Lo si vede a Firenze, Pisa (la città tanto cara al Leopardi), nella Genova di De André, in Francia, alla scoperta di angoli della città che non trovano spazio sulle guide turistiche, in Spagna, Portogallo, in Grecia e ancora in India, America e Australia per un convegno. Ma la cosa che potrebbe sorprendere, e nella quale risiede la forza di questo libro, è che mai nessun viaggio è stato pensato per un racconto. Lui stesso, infatti, asserisce che il contrario sarebbe cosa stolta, “come se uno volesse innamorarsi per poter scrivere un libro sull’amore”. E questo perché la scrittura stessa è “viaggio fuori dal tempo e dallo spazio”. Le parole di Tabucchi sembrano stonare con il periodo storico che stiamo attraversando, l’Italia in primis. Eppure in lui c’è consapevolezza di questo momento, una delle pagine nere della storia italiana, e difatti c’è rammarico mentre guarda Genova “stuprata” e gli sembra di risentire la voce di Paolo Conte “più roca del solito, con una strana fessura, come il suono di un vetro incrinato”. La lezione di vita che Antonio Tabucchi trasmette con il libro Viaggi e altri viaggi, dovrebbe essere tramandata di padre in figlio, dovrebbe comparire nei libri di storia, scritta sui muri, urlata, graffiata sulla pelle, incisa. Forse la ricerca e il significato dell’identità patriottica, di cui tanto si parla in questi giorni, inizierebbe a trovare una risposta.
Sara Durantini