EFFETTO LIBIA – La crisi libica, oltre a destabilizzare la pace e gli equilibri del mondo, sta facendo lievitare i prezzi del greggio con ripercussioni al momento silenti, ma che presto andranno ad intaccare i bilanci degli Stati e di conseguenza le tasche di noi poveri consumatori e automobilisti.
Il Colonnello Muammar Gheddafi si affacciò sulla scena mondiale nel 1969, quando depose con un colpo di Stato il re Idris. Da allora il raìs si pose alla guida della Repubblica Popolare Libica, Paese che ha sempre avuto un ruolo chiave nell’oligopolio energetico internazionale del petrolio, superando indenne i vari shock petroliferi susseguitisi nella storia (e capaci di inclinare molte economie tra le più avanzate), la caduta del muro di Berlino, la guerra nel Golfo e finanche gli attacchi dell’11 settembre e la recente crisi economica.
La forte tensione politica che sta travolgendo la nazione libica rischia di destabilizzare tutti i Paesi in contatto commerciale con essa, in primis l’Italia che, sin dai tempi di D’Alema e ancor più con Berlusconi, ha stretto legami ferrei con il leader Muammar, specie per quel che riguarda le risorse energetiche.
I dati Eurostat di recente pubblicazione confermano il nostro Paese nel ruolo di leading partner della Repubblica Popolare Libica nelle macro categorie di import-export, con una quota di importazioni di circa 10 miliardi di euro nel 2009, che comprende circa 6,7 miliardi di euro di petrolio e 2,4 miliardi di euro di gas naturale all’anno.
L’essere legati a doppio filo alla Libia – considerando anche i forti legami esistenti con Eni, Finmeccanica, Impregilo, Unicredit, solo per citare alcuni nomi – rende chiaro che un collasso libico potrebbe originare un fortissimo contraccolpo al nostro sistema economico. Il quale avverte già i primi allarmismi dovuti all’aumento del costo dei carburanti che, in breve tempo, farà lievitare i prezzi di molti altri prodotti, tra cui i generi alimentari.
“In un Paese come l’Italia dove l’86% dei trasporti commerciali avviene su gomma l’aumento dei carburanti provocato dall’effetto Libia pesa notevolmente sui costi della logistica e sul prezzo finale di vendita dei prodotti“, afferma la Coldiretti nel commentare i dati Istat sull’inflazione a febbraio che evidenziano un aumento del 11,8% per la benzina e del 18% per il gasolio.
Per non fare pagare alle famiglie il costo dell’aumento del petrolio, causato dalle tensioni in Nord Africa, è necessario che il governo applichi subito la cosiddetta “accisa mobile” che permette di controbilanciare l’aumento dell’Iva e quindi di “calmierare il prezzo al consumo dei carburanti”, come richiedono a gran voce Adusbef e Federconsumatori. La situzione, spiegano le due associazioni, si fa “sempre più preoccupante”: con il petrolio “vicino alla soglia dei 100 dollari” al barile, “le famiglie non possono più dover sopportare i continui e inarrestabili rincari”, che finora gravano per 198 euro l’anno.
Intanto gli automobilisti rischiano un bello spavento recandosi presso i distributori sparsi per l’Italia: basti pensare che un litro di benzina verde al Sud sfiora la soglia di 1,60 euro/litro! Una situazione socio-economica che potrebbe collassare se protratta per il medio-lungo periodo e verso cui il governo dovrà correre ai ripari con estrema urgenza. Ed è forse giutno il momento che automobilisti e governo italiano inizino a prendere in seria considerazione l’utilizzo di fonti energetiche alternative e non inquinanti. Un passo in avanti che richiede troppo impegno?