
27 GIUGNO 1980: STRAGE DI USTICA – La strage di Ustica costituisce uno dei misteri più fitti della storia italiana. Sono le ore 20.08 del 27 giugno 1980 quando il volo IH870 della compagnia aerea Itavia decolla da Bologna, con due ore di ritardo, con destinazione Palermo. Inizialmente sembra andare tutto bene ma all’improvviso il velivolo precipita in mare mentre sta percorrendo il tratto tra le isole di Ponza e Ustica. A terra ci si inizia a rendere conto che qualcosa non va quando l’aereo non risponde alle ripetute chiamate per l’autorizzazione all’atterraggio a Palermo. Le ricerche iniziano la sera stessa ma i resti del mezzo e i primi cadaveri vengono individuati solo all’alba del 28 giugno. E’ una strage: i morti sono ottantuno, di cui tredici bambini. I danni polmonari rilevati sui cadaveri riconducibili a decompressione fanno capire che il velivolo si è aperto durante il volo e questo è uno dei pochi dati certi in una vicenda che presenta tuttora innumerevoli lati oscuri. Dopo l’incidente vengono avviate le indagini, destinate a durare due decenni e che prendono in considerazione diverse ipotesi: l’abbattimento da parte di un missile, lo scontro con un altro aereo, l’esplosione di una bomba durante il viaggio e il cedimento strutturale. Per qualche anno quest’ultima possibilità costituisce la spiegazione ufficiale ma poi si viene a sapere che l’aereo non aveva problemi tecnici. Nel 1988 viene ritrovato sulla Sila, in Calabria, un MiG 23MS, velivolo di fabbricazione sovietica ma appartenente alla Libia, che si ipotizza possa essere coinvolto nel disastro, anche se non si sa con quali modalità. Nel 1989 l’inchiesta viene inclusa nella competenza della Comissione Stragi, che sin dal primo momento incontra enormi difficoltà a causa di personaggi che “a vario titolo hanno tentato di inquinare il processo, e sono riusciti nell’intento per anni”. L’atteggiamento delle istituzioni nei confronti delle ipotesi che vedono la strage di Ustica come conseguenza di un’azione militare viene definito ‘muro di gomma’. Anche negli anni seguenti gli inquirenti si dicono convinti che enti e soggetti di varia natura abbiano inquinato le prove e depistato le indagini. Alla fine degli anni Novanta vengono rinviati a giudizio per falsa testimonianza e depistaggio numerosi ufficiali e avieri in servizio il 27 giugno del 1980 che però vengono quasi tutti assolti negli anni seguenti. Il mistero di Ustica resta dunque irrisolto e viene reso ancora più fitto da varie morti sospette correlate alla vicenda: ci sono stati infatti casi definiti di “suicidi in ginocchio”: non è possibile provare che si sia trattato di omicidi ma, come si legge in una sentenza del 1999, “se qualcuno si vuole impiccare, non lo fa con i piedi per terra”. “Gli atti di costoro – prosegue il documento – se davvero suicidi, furono determinati comunque da stati psichici di profonde prostrazioni connesse con gli eventi”.
Tatiana Della Carità