MAFIA: PROCESSO PER OMICIDIO DI MATTEO – Era solo un ragazzino, Giuseppe Di Matteo, quando è stato rapito e ucciso per scontare responsabilità non sue. L’unica colpa di Giuseppe era quella di essere figlio di un pentito di mafia: Santino Di Matteo, ex mafioso, negli anni Novanta ha deciso di abbandonare Cosa Nostra e di collaborare con gli inquirenti che stavano indagando sull’attentato di Capaci, in cui vennero uccisi il giudice Falcone, sua moglie e gli agenti della scorta. I vertici dell’organizzazione ovviamente non gradirono il voltafaccia dell’affiliato e proprio nel tentativo di non farlo parlare decisero, nel novembre del 1993, di sequestrare Giuseppe, allora 13enne. Ma Di Matteo, seppure preoccupato per il figlio, non assecondò il ricatto e continuò a collaborare con la giustizia. Dopo due anni di prigionia, i sequestratori uccisero il ragazzo.
L’omicidio ha avuto un’ampia eco sui media e presso l’opinione pubblica a causa della sua efferatezza: Giuseppe è stato strangolato e in seguito il suo cadavere è stato sciolto in una vasca riempita di acido nitrico.
Oggi, al processo per il delitto, il pubblico ministero di Palermo ha chiestro che cinque boss vengano condannati all’ergastolo per il delitto: tra loco ci sono anche Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro, quest’ultimo ancora latitante. L’udienza odierna rientra nel quarto capitolo giudiziario aperto sulla vicenda: quest’ultimo processo è scaturito dalle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che si è dichiarato colpevole del rapimento e ha svelato ai magistrati i nomi degli altri mafiosi coinvolti. Per lui il pm ha chiesto la condanna a 10 anni.
T.D.C.