INTERVISTA ELISABETTA POZZI – Cara Elisabetta, lieti di ospitarla su Direttanews. Negli anni si è affermata come attrice di teatro e cinematografica, collaborando con personaggi del calibro di Roberto Benigni, Massimo Troisi, Carlo Verdone, Pedro Almodovar e Ferzan Ozpetek: ci puoi svelare qualche aneddoto particolarmente curioso che le è capitato nel corso della sua carriera?
Di aneddoti legati al mondo del cinema non ne ho tantissimi in quanto il mio primo impegno è sempre stato il teatro. Un ricordo molto divertente che però ho dell’esperienza cinematografica è sicuramente quello con Massimo Troisi e Roberto Benigni in “Non ci resta che piangere”, dove assistetti alla ripetizione di tantissime scene che non riuscivano a proseguire perché tutto il set e loro stessi ridevano come i pazzi. Io in quel film avevo un piccolo ruolo ma fondamentalmente seguivo tutte le riprese perché avevo il compito di mettere per iscritto tutte le sequenze della pellicola. C’era una sceneggiatura ma sia Roberto che Massimo improvvisavano, andavano “a braccio” ed io settimanalmente dovevo portar loro tutto il materiale fin a quel momento girato.
E’ una delle più importanti figure del panorama teatrale italiano: ci descriva in una frase cosa rappresenta il teatro per Elisabetta Pozzi…
La frase più semplice e scontata è: “Il teatro è la mia vita”… Chi fa teatro deve mettere a disposizione se stesso totalmente e amalgamare la propria sfera privata con quella recitativa; ovviamente questo succede se si vuole portare sul palcoscenico qualcosa che abbia a che fare veramente con la vita e non il teatro che io considero “mortale” (che allontana a mio parere il pubblico). Il vero teatro come dicevo prima è quello dove c’è un impegno costante e se vogliamo descrivere al meglio un personaggio nella sua completezza bisogna che la vita recitativa si mescoli con quella di tutti i giorni. E’ da quando ho compiuto 15 anni che ho deciso di dedicare la mia vita al teatro.
In che rapporti è rimasta con Giorgio Albertazzi, l’uomo che l’ha fatta esordire in teatro?
Conobbi Albertazzi da giovanissima e mi fede esordire ne “Il fu Mattia Pascal”, fu lui ad intuire che amavo tanto questo mestiere e mi aiutò a capire nei primi anni cosa il teatro significasse. Sono grata a lui proprio per questo, mi ha insegnato profondamente il lavoro, in particolare l’atteggiamento da tenere e cioè far diventare la propria vita un impegno costante per il teatro. Il rapporto con Giorgio è bellissimo, lui è diventato un “giovane-vecchio” che continua ad insegnare a tutti come stare sul palcoscenico.
Ha recentemente portato in scena “Cassandra”, opera in cui fa rivivere la figura mitologica della famosa profetessa della città di Troia: raccontaci qualcosa d più a questo proposito e in cosa pensa Cassandra la rappresenta?
“Cassandra” è stata un progetto che io ho cominciato questa primavera a stenderlo insieme a Massimo Fini, giornalista, intellettuale e pensatore, cui io mi ero professionalmente innamorata leggendone i testi ed i saggi. Per me ha considerato un impegno rispetto ai nostri tempi, cioè mettere insieme le parole che venivano dal classico (personaggio descritto da Omero, Eschilo ed Euripide) e raccontato come una profetessa non creduta. Me la sono così immaginata cavalcare i secoli e arrivare ad oggi attraverso le parole di tanti autori che l’hanno continuato a descrivere. Ho fatto quindi un collage di tutto questo e ho chiesto a Massimo Fini di darmi la sua interpretazione di ciò che ci sta accadendo come se fosse lui stesso una Cassandra e raccontato delle possibili previsioni future grazie all’opera e il pensiero di Massimo. Cassandra l’ho scelta perché ha una formula in assoluto che può servire per il nostro futuro e cioè avere il coraggio di vedere le condizioni del presente, conoscere il nostro passato. Da questa addizione tra presente e passato si capisce abbastanza bene dove si può andare a finire. Se noi continuiamo a vivere in questo modo, credo che il nostro futuro sarà abbastanza pesante. Queste leggi cieche dell’economia stanno prendendo il sopravvento e ci stanno mettendo con le spalle al muro.
Può anticiparci qualcosa sui suoi progetti lavorativi ed iniziative future?
Sto per tornare in scena con l’”Elektra” di Von Hofmannsthal con il Teatro del Veneto, spettacolo che è iniziato al Teatro Olimpico di Vicenza a settembre e fino a febbraio in diversi teatri italiani. Poi riprendiamo “Tutto su mia madre”, tratto dal film di Almodovar, che andrà in scena da febbraio fino ad aprile 2012. Questi mesi sono dediti alla ripresa di spettacoli già fatti, poi io continuerò il mio impegno per il Teatro Valle Occupato a cui ho aderito totalmente e cercherò nei tempi liberi di tornare a fare questi seminari.
Simone Ciloni