
CINA: SCIOPERI OPERAI – Le condizioni di lavoro degli operai in Cina, è notorio, sono al limite del disumano. Tutti conosciamo gli orari massacranti e le precarie o nulle condizioni di sicurezza in cui lavorano centinaia di migliaia, se non milioni, di persone. E’ il mercato, si dice. E il sacrificio dell’operaio cinese permette al consumatore occidentale di avere prodotti a basso costo (anche se il consumatore occidentale consumerà sempre meno, visto che è sempre più disoccupato e anche le sue condizioni di lavoro stanno progressivamente peggiorando). In più, ci viene detto, le multinazionali in Cina investono, portando lavoro e quindi benessere e ricchezza. Viene da chiedersi però a che prezzo e soprattutto se questa ricchezza sia veramente equamente distribuita o piuttosto non finisca nelle mani dei soliti pochi.
Domande a cui è molto sensibile e attenta China Labour Watch, una Ong con sede all’estero che monitora le condizioni dei lavoratori cinesi, difendendo in primo luogo i loro “inalienabili diritti umani”. China Labour Watch tiene sotto costante osservazione l’attività delle multinazionali in Cina e pubblica diversi rapporti sul loro modus operandi e il trattamento riservato ai lavoratori.
La Ong dà anche notizie aggiornate su scioperi e proteste dei lavoratori cinesi. La notizia più recente in proposito riguarda lo sciopero messo in atto questa settimana da circa 1.000 operai di una fabbrica di Shenzhen, nella provincia meridionale di Guangdong, il più importante distretto industriale della Cina. La fabbrica è di proprietà della Jingmo Electronics Corporation, una società per cui lavorano 3.000 persone e che appartiene al gruppo taiwanese Jingyuan Computer, che realizza componenti per computer e lavora o ha lavorato per colossi quali Apple, IBM, LG.
I lavoratori hanno deciso di scioperare il 22 novembre, dopo un’assemblea, soprattutto a causa dei massacranti straordinari notturni che sono stati obbligati a fare, oltre all’orario regolare di lavoro. L’azienda ha infatti deciso di far lavorare gli operai dalle 18 alla mezzanotte, e qualche volta anche fino alle 2 del mattino seguente, in aggiunta al normale orario di lavoro che va dalle 7 alle 11:30, il mattino, e dalle 13 alle 17, il pomeriggio; dunque 9 ore e mezza più le 6/8 ore di straordinario notturno. L’azienda si è rifiutata di far lavorare queste ore di straordinario il sabato, come richiesto dagli operai, perché ciò avrebbe comportato il pagamento del doppio del salario, come previsto dalla legge cinese.
le pessime condizioni di lavoro per gli operai non riguardano però solo gli straordinari, ma anche l’alto numero di incidenti sul luogo di lavoro, i licenziamenti di massa degli operai più anziani e la mancanza di qualunque benefit. Oltre a tutto ciò, i lavoratori hanno denunciato anche abusi verbali e atti di bullismo da parte dei manager della fabbrica, che hanno provocato loro gravi sofferenze psicologiche.
Lo sciopero alla fabbrica di Shenzen è solo uno dei tanti che si sono avuti negli ultimi tempi nella provincia di Guandong, con i lavoratoti cinesi ormai esasperati dallo sfruttamento. Martedì i mille lavoratori che hanno scioperato sono usciti dalla fabbrica per bloccare per protesta una strada nazionale, mentre le autorità schieravano centinaia di agenti di polizia, anche in tenuta antisommossa.
Valeria Bellagamba