RIFORMA CATASTO – Come già annunciato ieri, il governo di Mario Monti sta studiando una riforma del catasto che prevede il calcolo del valore degli immobili sulla base dei metri quadri di superficie e non più dei vani. L’obiettivo è quello di adeguare gli estimi e le rendite catastali ai valori di mercato. Sulle rendite catastali si calcolano infatti le imposte immobiliari. Dal governo fanno tuttavia sapere che la riforma sarà “a costo zero” per i contribuenti. Non si avrà, quindi, un aumento delle imposte, perché insieme all’introduzione dei nuovi valori delle rendite ci sarà anche un abbassamento delle aliquote.
Con la riforma, già anticipata nei giorni scorsi da diversi quotidiani, si dovrebbero cancellare i moltiplicatori che l’ultima manovra economica ha aumentato e far sì che le imposte sulla casa siano conformi al valore reale dell’immobile o alla sua redditività. L’effetto dovrebbe essere quello di cancellare le sperequazioni che hanno caratterizzato finora le valutazioni degli immobili ai fini fiscali. Oggi, infatti, il valore di mercato di un immobile corrisponde in media a 3,7 volte quello catastale, secondo quanto accertato da uno studio dell’Agenzia del territorio (“Gli immobili in Italia 2011”). Nei centri urbani più piccoli la differenza scende a due volte, mentre in città come Napoli si arriva addirittura ad una differenza di ben dodici volte. I canoni di affitto, invece, sono mediamente superiori di 6,46 volte le rendite catastali. La conseguenza di questa disparità è che le imposte sugli immobili (prima l’Ici da oggi l’Imu) sono state pagate, finora, non in base alla ricchezza dei rispettivi proprietari, ma sulla base di tariffe d’estimo, categorie, classi e vani spesso incongrui. Pertanto, avranno qualcosa da temere dalla revisione delle rendite catastali quei proprietari di immobili i cui estimi sono stati finora i più lontani dai valori reali di mercato. La riforma, dunque, sarà a costo zero nel senso che non porterà ad un aumento complessivo delle imposte sulla casa, ma ad una loro redistribuzione per eliminare le sperequazioni oggi in vigore.
Un documento del Ministero del Tesoro spiega che la riforma del catasto sarà incentrata sulla “costituzione di un sistema catastale che contempli assieme alla rendita, il valore patrimoniale del bene, al fine di assicurare una base imponibile adeguata da usare per le diverse tipologie di tassazione; la rideterminazione della classificazione dei beni immobiliari”. Si avrà quindi “il superamento del sistema vigente per categorie e classi in relazione agli immobili ordinari, attraverso un sistema di funzioni statistiche che correlino il valore del bene o il reddito dello stesso alla localizzazione e alle caratteristiche edilizie; il superamento, per abitazioni e uffici, del “vano” come unità di misura della consistenza a fini fiscali, sostituendolo con la “superficie” espressa in metri quadrati; la riqualificazione dei metodi di stima diretta per gli immobili speciali”.
Il sistema del catasto italiano era nato nel 1939, non per misurare il valore dell’immobile, ma la sua redditività. Un sistema che è rapidamente invecchiato, rendendo inutile anche la revisione del 1988/89. Nel 1997 era stata fatta una rivalutazione del 5%, ma nemmeno questa è servita per aggiornare le rendite catastali ai valori di mercato degli immobili. Nel frattempo, dal 1989 ad oggi i canoni di affitto, in termini reali, sono cresciuti del 73%.
Nel progetto di riforma si propone di individuare due valori: quello reddituale (cioè il canone medio al netto delle spese) e quello patrimoniale (il prezzo di mercato), da aggiornare ogni due anni sulla base di un algoritmo che tenga conto dell’ubicazione dell’immobile, dei valori locativi e di mercato.
Redazione