Crisi, Bersani: necessaria un’agenda per riforme istituzionali e costituzionali

Pier Luigi Bersani

CRISI BERSANI – Partiti e governo Monti, la situazione era partita bene, sì netti indirizzati al presidente del Consiglio. Appoggi che si sono affievoliti in parte oggi con ciascun esponente di partito politico che dice la sua ‘forse’ anche in vista delle elezione del 2013. A spiegare la propria opinione a ‘La Stampa’ è stato il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il quale è stato chiaro sia sul versante Italia che su quello Europa. “Adesso che si imposta il lavoro di un anno, bisogna stabilire un metodo“.

Secondo me è fatto di tre punti. Sulle questioni europee e internazionali, Monti può trovare un rapporto diretto con i segretari dei partiti che gli consenta di rappresentare posizioni unitarie e nazionali su punti strategici; poi, occorre un modo ordinario e ordinato di avere una sede tra governo e gruppi parlamentari che consenta di costruire l’agenda di lavoro e renderla effettiva; infine – ha precisato –  bisogna prendere una iniziativa – e io farò la mia parte – per definire un’agenda per riforme istituzionali e costituzionali: per altro, sulla modifica dei regolamenti parlamentari, sul bicameralismo e la riduzione dei membri di Camera e Senato c’è un lavoro sedimentato. Anche sulla legge elettorale si è cominciato a lavorare. E’ chiaro, inoltre, che questa terza questione accentuerebbe la stabilità del governo. Insomma: penso che sia ora che i leader dei partiti dicano esplicitamente e pubblicamente se sono disposti a convenire su un’agenda da affidare, poi, ai gruppi parlamentari”.

Tre punti ben definiti anche sul fronte Europa per il segretario del Pd: “La prima: accelerare sul fondo salvastati, rendendolo credibile e dotandolo di risorse. Finché non saremo lì bisogna consentire maggiore possibilità di intervento alla Bce. La seconda: teniamola pure sullo sfondo, ma la partita degli eurobond deve essere avviata (un’anticipazione potrebbe essere, come chiede Monti, una emissione europea dedicata agli investimenti). La terza: nonostante quel che dicono gli inglesi, sempre tanto preoccupati per la city – ma noi non possiamo mangiare pane e city, perché alla fine non ci sarà più neanche il pane – è ora che la finanza paghi qualcosa di quel che ha provocato. Insomma – ha spiegato – una tassa sulle transazioni finanziarie va allestita. Qualcosa di questo deve essere messo in moto. E senza che il giorno dopo, con una intervista o della Merkel o di Sarkozy, si dica: abbiamo scherzato”, ha concluso.

Redazione online

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