MESSICO: DISOCCUPAZIONE E POVERTA’ DONNE – Nonostante in Messico siano molte le donne che hanno conseguito un diploma di scuola superiore o una laurea, il loro futuro appare cupo. A lanciare l’allarme è l’economista Carmen Ponce, che spiega come nell’anno appena iniziato nel Paese andranno perse varie fonti di impiego a causa di un massiccio ingresso di prodotti fabbricati in Cina deciso da un accordo commerciale tra i due Paesi. Le conseguenze più gravi si registreranno nel settore dei giocattoli, dei materiali tessili e delle calzature: si tratta di ambiti in cui la manodopera è principalmente femminile, arrivando a coprire il 70% del totale.
Inoltre in Messico si sta già registrando una preoccupante emorragia di lavoro tra le giovani donne: il tasso di disoccupazione nelle ragazze di età compresa tra i 14 e i 19 anni è passato dal 7,35% del 2007 al 10,23% del 2011, mentre quello relativo alle giovani della fascia 20-29 anni che hanno portato a termine gli studi superiori è passato dal 7,7% al 10,49%. Dati alla mano, insomma, le donne con un elevato grado di scolarizzazione risultano essere la fetta di popolazione più colpita dalla disoccupazione e questo le porta o ad emigrare negli Stati Uniti o ad accettare posti di lavoro che non corrispondono alle loro reali competenze.
Anche se le donne sono le più colpite, comunque, il problema della disoccupazione risulta drammatico per tutto il Paese: secondo i dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica e geografia a novembre dello scorso anno, le persone senza lavoro solo 2,8 milioni e il 70% di queste ha un livello di istruzione medio o medio superiore. Alla luce di queste cifre si comprende per quale motivo molti ragazzi e ragazze accettino di mettere a rischio la loro vita per attraversare il confine con gli Usa: soltanto nel 2011 767 migranti, di cui 476 donne, sono morti nel tentativo di compiere quest’impresa.
E anche per le persone che un lavoro ce l’hanno la situazione non è così rosea: l’aumento degli stipendi di 2,44 pesos deciso dalla Commissione nazionale dei salari minimi risulta fortemente sottostimato rispetto al reale costo della vita e, come rileva il Centro multidisciplinare di analisti della Facoltà di Economia dell’Università nazionale, permette ad una famiglia di acquistare meno di 250 grammi di farina di mais. Anche in questo caso le donne sono penalizzate: i loro salari risultano infatti inferiori del 30% rispetto a quelli degli uomini.
Tatiana Della Carità
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