RICERCA SU ALZHEIMER E DIABETE – L’Ibim (Istituto di biomedicina e immunologia molecolare) e l’Ibf (Istituto di biofisica) del Consiglio nazionale di ricerca di Palermo hanno effettuato, in collaborazione con il Dipartimento di Fisica dell’Università del capoluogo siciliano, un’indagine scientifica sul morbo di Alzheimer, rilevandone i meccanismi comuni con il diabete del II tipo. La ricerca, prendendo in esame la reazione delle cellule affette dalla malattia alla somministrazione di insulina in vitro apre nuove strade alle possibili cure per l’Alzheimer, sindrome degenerativa che in genere colpisce le persone di età compresa tra i 60 e i 75 anni e da cui risultano affetti 30 milioni di individui in tutto il mondo, di cui un milione in Italia.
Daniela Giacomazza, dell’Ibf, spiega che la ricerca ha preso spunto da “uno studio statunitense”, che “aveva evidenziato come pazienti con valori elevati di glicemia avessero una probabilità dell’85% di ammalarsi di Alzheimer”. “In seguito – aggiuge – è stato osservato che i pazienti affetti da Alzheimer presentavano una riduzione di insulina, l’ormone responsabile dell’assorbimento del glucosio a livello cellulare, tanto che si sarebbe potuto definire il morbo un diabete di tipo III”.
Marta Di Carlo, dell’Ibim, aggiunge che in seguito alla somministrazione l’insulina si lega “al suo recettore sulla membrana dei neuroni” e “che attiva una cascata di eventi, tra cui la sua traslocazione dal citoplasma al mitocondrio, che annullano l’effetto degenerativo di A-beta“. A-beta, precisa, è la proteina la cui “eccessiva produzione nelle cellule cerebrali” è “alla base dell’insorgenza dell’Alzheimer”: la proteina, infatti, “andando ad accumularsi negli spazi intercellulari forma delle vere e proprie placche che sono una delle principali cause della progressiva degenerazione cellulare”. I risultati dello studio, dunque, risultano particolarmente poiché “dopo il trattamento con l’insulina, i neuroni danneggiati sono capaci di riprendere la loro morfologia e ripristinare le funzioni compromesse”, risultato che “apre la possibilità di individuare nuovi farmaci”.
Redazione online
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