
CRITICHE GOVERNO CILE – Il governo di Sebastiàn Piñera, eletto alla presidenza del Cile meno di due anni fa, sta attraversando un momento difficile. Il leader del partito Renovaciòn nacional, che guida il primo esecutivo di destra dalla fine della dittatura di Augusto Pinochet, è alle prese con qualche problema di popolarità, tanto che da mesi massicce proteste di piazza ne contestano l’operato.
Uno dei tasti dolenti per il governo di Santiago è, in questi giorni, l’ondata di incendi scoppiati nel centro e nel sud del Paese: molti rappresentanti degli enti locali e tecnici del settore ritengono che le maggiori responsabilità dell’accaduto vadano attribuite alle grandi imprese forestali finanziate anche dallo Stato che operano nella zona e che troppo spesso effettuano i lavori senza prestare attenzione alla sicurezza e alla prevenzione. Ma le autorità locali non escludono la componente dolosa e Piñera non fa nessun riferimento alle imprese e accusa invece gli indigeni Mapuche, nativi dell’area interessata, annunciando l’applicazione della legge antiterrorismo. La norma a cui si riferisce il leader cileno è un’eredità dell’era Pinochet e permette alle forze dell’ordine di effettuare arresti preventivi dopo aver raccolto testimonianze anonime.
E, restando in tema di dittatura, un’altra polemica che sta travolgendo il govero riguarda proprio il generale che ha imposto al Cile quasi un ventennio di violenza e repressione: una settimana fa una bufera ha colpito il ministro dell’Istruzione Harald Beyer, che ha deciso che a partire da quest’anno i libri di scuola non definiranno più il periodo di Pinochet come una dittatura ma come un regime militare.
Last but not least, fa discutere la posizione di Rubén Ballesteros, presidente della Corte Suprema, che nei giorni scorsi ha dichiarato di non essere pentito del lavoro svolto nei Consigli di guerra all’epoca di Pinochet.
Insomma, anche se Piñera in questi due anni ha cercato di presentare il suo esecutivo come una formazione in discontinuità con il regime, è evidente che ci sono ancora troppi legami, almeno teorici, tra l’attuale governo e la dittatura che per 17 anni ha stretto il Paese in una morsa.
Tatiana Della Carità
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