
COSTA CONCORDIA – La Procura di Grosseto ha sequestrato le telefonate tra la Capitaneria di porto e il comandante Francesco Schettino, avvenuta alle 0,32, subito dopo l’inizio dell’evacuazione della Costa Concordia. Secondo alcuni testimoni Schettino era già in salvo sulla scogliera, ma con la Capitaneria dichiara di trovarsi ancora a bordo per coordinare i soccorsi e che il grosso dei passeggeri era già stato tratto in salvo. “Ora torno sul ponte – dice il comandante -. Ero andato a poppa per capire cosa stava succedendo”. Venti minuti dopo la sala operativa richiama il comandante chiedendo quante persone ci sono ancora sulla nave da crociera ed egli risponde: “Ho chiamato la società e mi dicono che ci sono un centinaio di persone”, ma in vero le operazioni di salvataggio sono appena iniziate e si lascia scappare: “Abbiamo abbandonato la nave”. L’ufficiale della Guardia Costiera, attonito, chiede conferma di quanto appena detto, ma Schettino corregge il tiro: “No, no, macchè abbandonato la nave… No, no, sono qua, sto coordinando i soccorsi”. Un’ora dopo la Capitaneria di porto, che forse iniziava a rendersi conto di quanto realmente stava accadendo, richiama il comandante con toni ben più aspri: “Adesso lei va a prua, risale la biscaggina e coordina l’evacuazione. Ci dice quante persone ci sono ancora: se ci sono bambini, donne, passeggeri e il numero esatto di ciascuna di queste categorie. Vada a bordo. Cosa fa, lascia i soccorsi?”. Schettino nega anche l’evidenza e l’ufficiale lo rimprovera: “Comandante, è un ordine, ora comando io. Lei ha dichiarato l’abbandono nave, vada a prua, risalga sulla nave e vada a coordinare i soccorsi. Ci sono già dei cadaveri”. Schettino chiede il numero dei morti, ma l’ufficiale replica: “Deve dirmelo lei, cosa vuole fare, vuole andare a casa? Lei ora torna sopra e ci dice cosa si può fare, quante persone ci sono e di cos’hanno bisogno”.
Ma il comandante, nato 52 anni fa a Meta di Sorrento, non è mai più salito sulla Costa Concordia ed ora è rinchiuso nel carcere di Grosseto, dove stamane comparirà dinanzi al gip che confermerà lo stato di fermo con l’accusa di omicidio plurimo colposo, naufragio e abbandono della nave. Le guardie del carcere lo controllano quasi a vista, non ha manifestato intenzioni suicide, ma è considerato un detenuto a rischio. Condivide la cella con altri due prigionieri e, come da prassi, ha ricevuto le visite dello psicologo. Secondo il suo avvocato Bruno Leporatti “è confortato dalla consapevolezza di aver mantenuto, in quei frangenti, la lucidità necessaria per attuare una difficile manovra di emergenza che, conducendo la nave su un basso fondale, ha di fatto salvato la vita di tante persone”.
Luigi Ciamburro
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