USA, BARACK OBAMA – Nel discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato davanti al Congresso il presidente Barack Obama torna a farsi leader democratico in vista della sfida elettorale del prossimo novembre, quando gli americani saranno chiamati alle urne per confermare o scegliere un altro inquilino alla Casa Bianca. E da stamane parte il suo tour di tre giorni alla ricerca dei consensi, dallo Iowa all’Arizona, da Las Vegas al Nevada, da Denver a Colorado fino a Detroit, dove giungerà venerdì mattina.
Obama ha promesso un’America più equa, dove tutti possano avere una possibilità e i ricchi paghino più tasse per investire nella sanità, nell’istruzione e nella ricerca scientifica, senza risparmiare frecciatine infuocate ai rivali repubblicani: “Voglio combattere l’ostruzionismo con l’azione. Mi opporrò a ogni tentativo di tornare alle stesse politiche che ci hanno condotto fino a questa crisi” dice il presidente tra gli applausi. Poi la scelta ‘populista’ di tassare maggiormente i ceti abbienti: “Se guadagni più di un milione di dollari l’anno – striglia Barack Obama – non puoi pagare meno del 30% in tasse… Un quarto di tutti i milionari adesso pagano meno tasse di milioni di famiglie della middle-class… Vogliamo mantenere questi tagli fiscali per gli americani più ricchi? Oppure vogliamo mantenere i nostri investimenti in altre cose, come l’istruzione e la ricerca?”.
Ma gran parte dell’esito elettorale sarà influenzato dalla capacità di creare occupazione, chiodo fisso di Obama che esalta il comparto automobilistico e respinge ogni accusa ai mittenti: “Nei mesi che hanno preceduto il mio primo mandato abbiamo perso circa 4 milioni di posti di lavoro. E ne abbiamo presi altri quattro milioni prima che le nostre politiche avessero effetto. Ma negli ultimi 22 mesi – rivendica – le imprese hanno creato più di tre milioni di posti – sottolinea Obama -. Lo scorso anno hanno creato il maggior numero di posti dal 2005. Questi sono i fatti”.
Ma Obama non poteva sorvolare sulla politica estera in un momento così delicato, dove in Golfo Persico si rischia di aprire un altro fronte di guerra, ma anche per respingere le accuse di debolezza contro il terrorismo e gli Stati ‘canaglia’: “Per la prima volta da nove anni, non ci sono americani che combattono in Iraq. Per la prima volta da due decenni, Osama bin Laden non è piu una minaccia per questo Paese. Molti dei massimi luogotenenti di al Qaida sono stati sconfitti. Il momento dei talebani è stato infranto, e una parte delle truppe in Afghanistan stanno tornando a casa”. E sulle tensioni con l’Iran fa sapere: “L’America è determinata ad impedire che l’Iran ottenga l’arma nucleare e io non tolgo alcuna opzione dal tavolo”.
Luigi Ciamburro
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