
CASO CUCCHI– Il processo sulla morte di Stefano Cucchi è arrivato alla 24esima seduta. Nell’udienza di ieri i periti nominati dalla famiglia hanno presentato una relazione che conferma quello che i parenti del ragazzo sostengono da anni: che Cucchi, cioè, è morto in seguito alle percosse ricevute dagli agenti di polizia. Stefano, arrestato il 15 ottobre del 2009 per droga, è morto pochi giorni più tardi nel reparto dedicato ai detenuti dell’ospedale romano Sandro Pertini e oggi sul banco degli imputati ci sono, oltre a tre poliziotti, anche i medici che si sono occupati di lui.
Secondo gli esperti nominati dai pm, la causa del decesso non sono state le lesioni di cui si sono trovate numerose tracce ma la trascuratezza di medici e infermieri nell’occuparsi di un soggetto debole, le cui condizioni fisiche erano fortemente indebolite da anni di uso di sostanze stupefacenti. Ma i periti nominati dalla famiglia Cucchi non la pensano così, come spiega in aula il professor Vittorio Fineschi, che insegna Medicina Laegale all’Università di Foggia. “Medici diversi – spiega – constatarono le ecchimosi sul volto e alla schiena. Una radiografia ha certificato una frattura a una vertebra lombare e l’autopsia ha confermato tutto questo. Sono elementi incontestabili da cui nasce una convinzione: le lesioni subite da Cucchi sono intimamente legate al decesso. La lesione alla vertebra ha alterato il funzionamento della vescica. In ospedale non ci si rese conto della situazione. Il catetere messo al detenuto finì fuori sede, le urine si accumularono. Questa condizione ha sostenuto lo specialista ha provocato un problema di circolo sanguigno e la morte”.
Redazione online
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