INTERVISTA LUCA PISAPIA – Caro Luca, lieti di ospitarti su Direttanews. Sei l’autore del recente libro “Gigi Riva – ultimo hombre vertical”: descrivicelo in una frase….
Il racconto epico di un uomo e di un calciatore che viaggia in direzione ostinata e contraria, per dirla con le parole di De Andrè. Un eroe tragico la cui figura si dissolve e si ricompone in quella dei protagonisti degli Spaghetti Western, costretti anche loro a combattere inutilmente contro i mulini a vento di un destino che non si sono scelti.
Cosa ha rappresentato Gigi Riva per il popolo sardo? E per i valori della società italiana dell’epoca?
Anche lui straniero adottato da questa splendida isola, è stato perla Sardegnal’erede del cartaginese Amsicora, cui era dedicato lo stadio in cui il Cagliari vinse il meraviglioso scudetto del 1970, che nel terzo secolo avanti Cristo guidò la prima rivolta antiromana.
E’ stato investito dal popolo sardo della balentìa: l’antico valore che nel settecento veniva attribuito agli eroi indigeni che guidavano la resistenza all’occupazione straniera. Ha accettato, e ha guidato nei tempi moderni la riscossa dei miserabili contro i nuovi invasori.
Per l’Italia ha invece rappresentato il demiurgo di una società in piena trasformazione, l’essere semidivino cui è concesso plasmare la realtà ma non crearla: su di lui sono stati proiettati i desideri di riscatto prima e di disperazione poi di una società che, uscita dalle miserie della guerra ed assaporato il boom economico del benessere, si stava avviando verso un nuovo ineluttabile declino.
Reputi Gigi Riva il più grande calciatore del patrimonio italiano di tutti i tempi?
Per motivi anagrafici non posso rispondere per quanto riguarda il campo da gioco, anche se una recente classifica della Gazzetta lo reputa il miglior attaccante italiano del dopoguerra. Per quello che ha rappresentato fuori invece sicuramente sì. Gigi Riva è stato l’ultimo hombre vertical del calcio: un uomo con la schiena dritta che non si inchina al padrone, che rifiuta di prostrarsi davanti al più forte, che si piega ma non si spezza di fronte alle avversità. Dopo di lui è arrivato il calciatore postmoderno, pura immagine mediatica senza contenuto.
Nel libro descrivi le imprese del Cagliari scudettato come una sorta di guerra fra il Sud impotente e il Nord industrializzato: raccontaci meglio questo tuo concetto..
Basta dare un’occhiata all’albo d’oro del campionato italiano per accorgersi che vincono solo le grandi squadre del Nord industrializzato: da sempre in mano ai maggiori imprenditori del Paese che le utilizzano per i loro tornaconti economici e pubblicitari. Come ho cercato di raccontare nei capitoli in cui parlo del mancato passaggio di Riva alla Juve, la rivoluzionaria epopea del Cagliari ha rappresentato l’unico punto di rottura del calcio italiano, fino agli anni ’80 di Verona e Napoli. Un calcio che ha sempre disegnato la mappa di un territorio: nell’Italia degli anni Sessanta-Settanta quello in cui le industrie del nord sfruttavano a sangue i corpi dei ragazzi del Sud, salvo poi ‘risarcirli’ con la prestazione domenicale di alcuni loro fortunati conterranei in cui potessero identificarsi. Segnando il rigore che valeva uno scudetto del 1970 allo stadio Comunale di Torino controla Juve, Gigi Riva ha espugnato la cattedrale calcistica del potere: si è preso lo scudetto della riscossa popolare e l’ha portato con sé in Sardegna. Affinché i Quattro Mori della bandiera sarda, dopo che vessati da secoli di colonizzazione piemontese le avevano abbassate sugli occhi, potessero risollevare orgogliosamente le loro bende sulla fronte.
Puoi darci qualche anticipazione sui tuoi prossimi progetti lavorativi?
Per adesso continuo a scrivere di sport e di cinema un pò dove capita, e contribuisco a diffondere un modo altro di parlare di calcio attraverso il blog www.lacrimediborghetti.com. In cantiere ci sono almeno un paio di libri da scrivere: uno sui personaggi minori, sconfitti e maledetti del calcio; l’altro una specie di noir psichedelico contemporaneo. A lungo termine però, il sogno rimane sempre quello di ritirarmi in campagna.
Simone Ciloni
Libro edito da Limina