Anche le case di riposo subiscono la crisi. Gli effetti della recessione colpiscono industrie finora ‘intoccabili’

residenza anziani

CRISI CASE DI RIPOSO – Fino a qualche mese fa alcuni commentatori sostenevano che la crisi fosse ‘virtuale’, un grosso spavento collettivo basato su dinamiche di mercato poco connesse con l’economia reale. A nostre spese ci stiamo rendendo conto che tali previsioni non hanno trovato riscontro: tutti i settori vivono una situazione problematica, in alcuni casi addirittura tragica. L’ennesima conferma ci arriva dalle difficoltà evidenziate dal settore delle RSA (Residenze Sanitarie Assistite per Anziani) ai più note come ‘case di riposo’. C’è stupore da parte degli addetti ai lavori, abituati ad operare in una realtà poco sensibile alle oscillazioni dei mercati. Le interconnessioni con le altre industrie stanno cambiando le carte in tavola, costringendo i dirigenti delle strutture residenziali per anziani a stravolgere piani e strategie.

Il fattore che sta avendo il maggior peso in negativo è senz’altro l’instabilità del mercato del lavoro, che porta sempre più spesso i parenti degli assistiti a ritardare i pagamenti delle rette dovute per il soggiorno o, addirittura, a rescindere i contratti di ospitalità. E’ infatti evidente che se un membro della famiglia perde il posto la capacità di sostenere i costi si riduce, costringendo alla valutazione di soluzioni alternative quali l’assunzione di una badante, spesso con contratti ‘a nero’, o il ritorno a casa, ipotesi auspicabile se l’anziano è in discrete condizioni di salute, molto più problematica quando lasciare l’RSA equivale ad abbandonare cure importanti per l’integrità della persona. Sui bilanci delle case di riposo pesano anche le criticità finanziarie causate dall’insolvenza del pubblico: in molte province i ritardi nei pagamenti delle fatture relative alla quota a carico del sistema sanitario nazionale supera i ventiquattro mesi, mettendo a serio rischio la capacità di ottenere la liquidità necessaria per saldare dipendenti e fornitori.

Come se non bastasse anche le regioni più virtuose stanno gradualmente chiudendo i rubinetti, non riconoscendo più adeguamenti delle tariffe al tasso di inflazione e azzerando gli importi in passato destinati ai premi da corrispondere alle strutture premiate per la qualità del servizio erogato. Concetti nuovi che portano a strumenti nuovi: la saturazione dei posti letto non è più cosa scontata? Ecco che si studiano piani commerciali e di marketing, promozioni ed offerte speciali per mantenere percentuali di riempimento sostenibili, iniziando a valutare contratti flessibili per il personale impiegato. Certo, se paragonata al settore produttivo, quella delle case di riposo è ancora una realtà accettabile, ma non siamo più al cospetto di un’isola felice.

Mirko Correggioli

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