Stefano Rodotà risponde a Scalfari con una lettera a Repubblica

La Repubblica (getty images)

Stefano Rodotà, candidato per il Movimento 5 Stella alla presidenza della Repubblica, ha risposto al direttore di Repubblica, Eugenio Scalfari con una lunga missiva all’interno della quale spiega le sue ragioni. Proprio ieri Scalfari aveva pubblicato sul suo quotidiano un editoriale con il quale criticava aspramente l’intellettuale e giurista per aver attaccato i dirigenti del Partito Democratico che non hanno appoggiato il suo nome e non l’hanno neanche contattato telefonicamente e per aver accettato di essere proposto da Beppe Grillo e dal Movimento 5 Stelle.

“Ma l’articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti. E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni”, così esordisce Rodotà nella lettera.

“Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all’interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non dice «non c’è problema », non gira la testa dall’altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com’è andata concretamente a finire”, ha continuato l’ormai ex candidato del M5S.

Sulla sua decisione di accettare l’investimento degli elettori grillini delle “quirinarie” ha poi scritto: “La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l’esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata”.

Lapidaria poi la conclusione di Rodotà, in cui il giurista si definisce uomo di sinistra: “Non contesto il diritto di Scalfari di dire che mai avrebbe pensato a me di fronte a Napolitano. Forse poteva dirlo in modo meno sprezzante. E può darsi che, scrivendo di non trovare alcun altro nome al posto di Napolitano, non abbia considerato che, così facendo, poneva una pietra tombale sull’intero Pd, ritenuto incapace di esprimere qualsiasi nome per la presidenza della Repubblica. Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità”.

 

Redazione online