Stefano Rodotà replica a Grillo: “Insulti inaccettabili, perché avrei dovuto telefonargli?”

Stefano Rodotà (screenshot Skytg24)

Il giurista Stefano Rodotà, intervistato dall’Unità, ha replicato alle parole di Beppe Grillo sul suo blog, sostenendo: “Gli insulti? Inaccettabili, visto il mio tentativo di offrire un contributo. Lascio a ciascuno la sua libertà di giudizio, nel rispetto degli altri. Quel che mi sta a cuore è la coerenza delle mie idee. Agli attacchi sono abituato”.

Rodotà ha anche ricordato di aver “ringraziato Grillo per la sua ‘designazione’. Dopo avergli anche detto che, dinanzi alla canditura di Prodi, facevo un passo indietro. Poi sono andato a discutere con il suo gruppo alla Camera della democrazia parlamentare. E dissi: ‘Siete in parlamento, volete gettare al vento la liberta’ dei singoli in nome del portavoce?’ Registrai consensi e dissensi. Ma la questione resta aperta, e andrà avanti lì dentro”.

Ieri, a margine di una conferenza, Rodotà si era limitato a sostenere: “Non vedo perchè avrei dovuto telefonare a Grillo. Non do consigli, faccio il mio lavoro, dico sempre quello che penso senza calcolare le conseguenze”. E sulle presunte spaccature in seno al Movimento 5 Stelle: “Questi sono affari loro, io esprimo la mia opinione come ho sempre fatto. Il giudizio e la critica aiutano tutti”.

Poi il giurista ha parlato di riforme istituzionali: “E’ illusorio curare la crisi della politica con scorciatoie decisioniste tipo il semipresidenzialismo: così si rinforzano il populismo e l’antipolitica”. Per suffragare la sua tesi, Rodotà ha fatto un esempio: “La Costituzione sarebbe stravolta con l’adozione del modello francese. Vi immaginate in Italia un ballottaggio tra Berlusconi e Grillo?”. Meglio sarebbe dunque “il modello tedesco” e non il ritorno al maggioritario che ha fatto “crescere il populismo e il bipolarismo selvatico, con ciò che ne è seguito”.

Rodotà ne ha anche per il Partito Democratico: “Rifondare il partito sul rafforzamento dell’esecutivo servirebbe a coprire un vuoto di cultura politica, non a rilanciare o rinnovare un’identità”. E conclude: “Devo dare atto a Bersani di questo: è stato sconfitto, ma ha mantenuto una posizione fermamente avversa alla personalizzazione della politica. Che è all’origine dei mali di cui parliamo”.

Redazione online