
L’Egitto sembra tornato ai tempi della rivoluzione contro Muabark. Una fiumana di manifestanti si è riversata ieri nelle strade del Cairo, e di altre città del Paese, per protestare contro il Presidente Mohamed Morsi e chiedendone a gran voce le dimissioni. Numerosi i cartelli, anche in tutte le lingue del mondo, con la scritta ‘vattene’ indirizzate al presidente, esponente dei Fratelli Musulmani.
Quasi 17 milioni di egiziani hanno manifestato in tutto il Paese, secondo quanto riferiscono le fonti dell’opposizione. La protesta è degenerata in scontri violenti tra i sostenitori e gli oppositori del presidente egiziano, che hanno fatto registrare diversi morti e centinaia di feriti. Stando alle informazioni aggiornate, cinque persone sono morte ad Assiut, Beni Suef e Fayoum, a sud del Cairo, altre sei nella capitale egiziana nell’assalto alla sede dei Fratelli Musulmani, che è stata attaccata ed incendiata dai manifestanti. I feriti sarebbero nel complesso oltre 600. In seguito si è appreso che il numero dei morti negli scontri di ieri è salito da 11 a 15.
I dirigenti dell’opposizione hanno chiesto a manifestanti di rimanere in piazza fino alle dimissioni di Morsi, il quale però ha fatto sapere che non ha intenzione di dimettersi. L’esercito egiziano è in stato di massima allerta.
Nel frattempo, è arrivato poco fa l’ultimatum dell’opposizione al presidente Morsi di lasciare il potere entro domani alle ore 17. Lo scrivono in un comunicato i ribelli del movimento Tamarod: “Diamo a Mohamed Morsi fino alle 17 di martedì 2 luglio per lasciare il potere e permettere alle istituzioni statali di preparare le elezioni presidenziali anticipate”, si legge nel sito web del movimento politico, che minaccia, in caso di rifiuto del presidente, “l’inizio di una campagna di disobbedienza civile“.
Redazione