
Tra “gli oltre 1.300 vulcani attivi” nel mondo, il Vesuvio è quello a “più alto rischio, considerando tre paramentri: la pericolosità, il valore esposto e la vulnerabilità”. A sostenerlo, secondo quanto riporta l’agenzia di stampa Agi, è il vulcanologo dell’Osservatorio Vesuviano Sandro De Vita, che ha aggiunto: “Vi sono nel mondo vulcani anche più pericolosi del Vesuvio, ma in zone desertiche o poche abitate. Nella zona flegrea e vesuviana invece vive un milione di persone, una concentrazione di popolazione che non ha eguali”
Ha affermato ancora il vulcanologo: “Fin dalla preistoria [i campani, ndr] hanno dimostrato resilienza, la capacità di riprendersi da eventi anche catastrofici; hanno saputo interfacciarsi con eruzioni violente e riprendere la loro civiltà”. Secondo De Vita, “i vulcani e l’umanità sono da sempre strettamente collegati in un rapporto spesso vantaggioso ma talvolta catastrofico per l’uomo; quest’ultimo infatti, a dispetto del pericolo, ha sempre trovato vantaggioso insediarsi nei pressi dei vulcani, in virtù della fertilità dei suoli e della presenza di minerali e rocce utili come materiali da costruzione”.
“Le eruzioni vulcaniche hanno influito sui cambiamenti climatici, ambientali e sociali” – ha sostenuto De Vita – “Il vulcanismo nell’area vesuviana è iniziato almeno 400mila anni fa, come testimoniato dalle età di lave incontrate in perforazione nel pozzo Trecase ad una profondità di almeno 1.125 metri. Oggi grazie a un approccio integrato Geologia – Archeologia, siamo riusciti a ricostruire l’evoluzione del territorio intorno al Vesuvio nel periodo compreso tra l’eruzione pliniana delle Pomici di Avellino e quella sub-pliniana del 472 d.C. E’ emerso che l’area è stata interessata dalla deposizione dei prodotti di numerose eruzioni vulcaniche caratterizzate da diversa energia, effetti e durata”.
Ha concluso il vulcanologo: “L’Italia è un esempio della convivenza tra uomini e vulcani che, attraverso i secoli, ha portato allo sviluppo di una civiltà che oggi però deve confrontarsi con la crescente esposizione al rischio, derivante soprattutto dall’inurbamento incontrollato”.
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