
Il 9 ottobre del 1963, una frana dal versante settentrionale del monte Toc, che sovrastava la diga artificiale del Vajont, in provincia di Belluno, provocò un innesco fatale che terminò, alle 22.39 di quella sera, con l’esondazione della diga che finì per inghiottire i paesi circostanti, causando 1917 morti, dei quali 1450 soltanto a Longarone. Oggi, a cinquant’anni di distanza, sappiamo che quella tragedia poteva essere evitata, perché – al di là delle cause naturali, come la presenza di una paleofrana, e delle forti precipitazioni presenti in quell’area, tra l’altro anche altamente sismica – a determinarla furono l’incuria nelle verifiche fatta dai tecnici e le modifiche del livello dell’invaso. Anche per questo motivo, dunque, il Parlamento italiano ha deciso di istituire, ogni 9 ottobre, la “Giornata nazionale in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo”.
Quei momenti drammatici sono stati efficacemente narrati dall’attore Marco Paolini, il più importante esponente del teatro civile italiano, ma le parole che più efficacemente descrivono quella tragedia sono quelle di Dino Buzzati: “Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è traboccata sulla tovaglia”. Chi oggi visita quella valle, sente descrivere dalle guide del posto il Vajont come “un monumento all’avidità e alla stupidità umana”. Tragedia descritta anche dal regista Renzo Martinelli, che in questi giorni è tornato a parlare del suo film dalle colonne del Quotidiano Nazionale, sostenendo: “C’è tanta rabbia. Quello che è accaduto qui, supera ogni capacità di sopportazione umana. Ci sono persone che hanno perso di colpo venti, trenta cari. Ma non è solo questo. Intere comunità sono state cancellate”.
Per ricordare le vittime di quel disastro, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato un messaggio in cui si legge: “Il ricordo delle quasi duemila vittime e della devastazione di un territorio stravolto nel suo assetto naturale e sociale induce, a cinquant’anni di distanza, a ribadire che quell’evento non fu una tragica, inevitabile fatalità, ma drammatica conseguenza di precise colpe umane, che vanno denunciate e di cui non possono sottacersi le responsabilità”.
“Nella ricorrenza del 50° anniversario del disastro – ha aggiunto il Capo dello Stato – “desidero rendere omaggio alla memoria di quanti hanno perso la vita, alla tenacia di coloro che ne hanno mantenuto fermo il ricordo e che si sono impegnati nella ricostruzione delle comunità così terribilmente ferite e rinnovare, a nome dell’intera nazione, sentimenti di partecipe vicinanza a chi ancora soffre”.
Napolitano ha infine espresso “profonda riconoscenza a quanti, in condizioni di grave rischio personale, si sono prodigati, con abnegazione, nell’assicurare tempestivi soccorsi ed assistenza, valido esempio per coloro che, nelle circostanze più dolorose, rappresentano tuttora un’insostituibile risorsa di solidarietà per il paese”.
A Longarone era oggi presente il presidente del Senato Pietro Grasso, che ha sottolineato: “Vogliamo ricordare le persone che hanno perso la vita cinquant’anni fa e vogliamo dimostrare la nostra vicinanza e la nostra solidarietà ai superstiti che sono qui presenti e ai familiari delle vittime. Un abbraccio caloroso proprio a loro, spero che percepiscano questo mio senso di affetto e di vicinanza. Sono passati 50 anni da quella tragica sera, io ero un giovane 18enne. Fui tremendamente colpito allora e oggi devo dire che forse gli eventi, la vita, fanno passare di mente tragedie come queste”. Ha concluso Grasso: “Vi sono grato perché oggi mi avete fatto ricordare quei momenti di emozione, di commozione, di partecipazione”.
Redazione online
Il racconto di Tina Merlin (tratto dal canale di Rainews24)
La memoria di Longarone nelle parole di Piero Badaloni (da Tv2000)
Un brano del monologo di Marco Paolini dedicato al Vajont