
Ci sono anche un dipendente dell’ufficio Anagrafe del comune di San Cipriano d’Aversa, accusato di aver falsificato dei documenti di identità, tra gli arrestati all’alba dai carabinieri di Casal di Principe, con l’accusa di favoreggiamento della latitanza del boss del clan dei Casalesi, Nicola Panaro, catturato dagli uomini dell’arma il 14 aprile 2010. Le accuse nei confronti dei 14 arrestati sono, a vario titolo, di ricettazione, procurata inosservanza di pena, intestazione fittizia di beni e alterazione di documenti d’identità aggravati per aver favorito un’organizzazione camorristica. Le ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state firmate dal Gip di Napoli, che ha dato così esecuzione a quanto prescritto dalla Direzione distrettuale antimafia.
Contestualmente all’operazione dell’Arma, la Guardia di Finanza di Aversa sta procedendo all’esecuzione di un decreto di sequestro di beni, tutti riconducibili agli indagati. Nell’inchiesta sarebbero inoltre coinvolte diverse altre persone, che avrebbero aiutato il boss nel corso della lunga latitanza, durata sette anni. A far luce sulle connivenze una lunga serie di intercettazioni telefoniche e ambientali, servizi di osservazione, pedinamenti, interrogatori, accertamenti patrimoniali e analisi della documentazione sequestrata al boss al momento dell’arresto.
La rete di fiancheggiatori del boss era enorme e gli permetteva di potersi muovere in Italia e all’estero, non facendosi mancare le vacanze con la propria famiglia a Montecarlo così come nel cosentino. Arrestato anche il figlio della proprietaria dell’abitazione dove il boss venne scoperto e arrestato, accusato di fornire apparecchiature per la bonifica da microspie. Pesanti anche le accuse rivolte a un sacerdote, attualmente viceparroco in una chiesa della provincia di Napoli, che risulta tra le persone indagate. Il religioso avrebbe scritto diverse lettere di incoraggiamento al boss nel corso della latitanza, invitandolo a non mollare e sostenendo di pregare per lui quotidianamente.
Redazione online