Mutilazioni genitali femminili: a Roma una tre giorni per dire basta

Bambina (Graeme Robertson/Getty Images)

A preso il via nel corso della mattinata a Roma la tre giorni di convegni dedicata al problema delle mutilazioni genitali femminili. La conferenza di respiro internazionale che si sta svolgendo presso l’Auditorium della capitale vede un’ampia partecipazione istituzionale e si propone come iniziativa politica tesa al raggiungimento di accordi transnazionali contro la pratica di quelle che ormai, in gergo tecnico, sono definite Mgf. Ad aprire i lavori, questa mattina, la ministra degli Esteri italiana, Emma Bonino, la quale nel discorso introduttivo ha voluto confermare l’impegno del nostro paese nella campagna per sconfiggere la tradizione delle mutilazioni.

“L’Italia come molti altri paesi attraversa un periodo economicamente difficile, cercare di mantenere gli impegni presi non è facile, neanche di fronte l’opinione pubblica italiana ma spero che la società civile mi sostenga nella decisione di continuare anche dal punto di vista finanziario in questa campagna”, ha affermato Bonino. Al suo fianco hanno preso la parola dal tavolo dei relatori il Direttore esecutivo dell’Unfpa, Babatunde Osotimehin e i rappresentanti di alcuni paesi dell’Africa (il continente in cui questa pratica è più comune).

A chiarire sulla diffusione delle mutilazioni genitali femminili e sull’alto numero di bambine che rimane coinvolto – spesso divenendone tragicamente vittima – si è pronunciata Osotimehin “Questa pratica continua a esistere in diversi Paesi, 25 milioni di donne in 29 paesi dell’Africa, dell’Asia e del Medioriente vengono ancora sottoposte a questa pratica. Noi lavoriamo per il cambiamento. Anche se passi avanti sono stati fatti abbiamo ancora moltissimo da fare. Se il tasso di mutilazioni genitali femminili continua ad essere ridotto dell’1% all’anno il fenomeno verrà debellato infatti solo tra 60 anni, mentre riducendolo del 10% annuo l’obiettivo potrebbe essere raggiunto tra due anni”, ha detto.

La sigla Mgf comprende al suo interno vari tipi di mutilazioni, tutte effettuate sul corpo femminile nel periodo dell’infanzia. La più conosciuta e diffusa è quella che in termini clinici viene definita infibulazione e che prevede l’escissione – spesso effettuata con mezzi di fortuna nelle più precarie condizioni igieniche – del clitoride, delle piccole labbra e di una parte delle grandi labbra vaginali. Le conseguenze per la donna, laddove il taglio non provoca la morte per dissanguamento o infezione, sono permanenti e vanno dalla frigidità, passando per la dismenorrea, fino alla minzione dolorosa.

Redazione online