Legge di stabilità, Squinzi si scusa per il linguaggio ma ribadisce le sue preoccupazioni

Giorgio Squinzi presidente di Confindustria (Mario Carlini - Iguana Press/Getty Images)

“Credo che le mie dichiarazioni siano state misinterpretate dai media presenti. Me ne scuso se questo possa essere stato interpretato come una non considerazione della sacralità del Parlamento”, così il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha fatto dietrofront rispetto alle parole degli scorsi giorni, in cui aveva tra le altre cose sostenuto il pericolo di “porcate” nel corso dei passaggi parlamentari sulla legge di stabilità.

Ha aggiunto Squinzi, che oggi è intervenuto in audizione alla Commissione Bilancio del Senato, rispondento alle sollecitazioni del presidente della stessa Commissione, Antonio Azzollini: “Le mie recenti considerazioni, con chiaro riferimento alle usanze del passato, nascono dalla preoccupazione di vedere superata l'apprezzabile modalità d'esame del documento di programmazione della spesa pubblica, riportandoci indietro, agli anni delle politiche che piegavano, in modo radicale, la programmazione del bilancio alle necessità degli infiniti campanili del nostro Paese. In un momento come l'attuale non possiamo, per nessun motivo, ipotizzare un simile spettro. Mi auguro di cuore di essere stato troppo pessimisti”.

Auspicando l'abbattimento del cuneo fiscale, Squinzi ne ha sottolineato la necessità “non per una finalità legata a meri interessi d'impresa bensì perché ritiene che il paese possa entrare nella scia di un trend positivo solo se avremo il coraggio di scommettere tutti insieme, ognuno per la sua parte, sulla ripresa». «E questo per noi, ma non solo per noi significa credere nel sensibile abbattimento della pressione fiscale per i lavoratori e per le imprese”.

Da parte di Squinzi, inoltre, sollecitata la necessità di modifiche profonde: “Personalmente da imprenditore, credo che abbiamo già superato abbondantemente la soglia di resistenza e che non ci sia più tempo da perdere. Lo dimostra la quantità di imprese che chiudono l'attività o che abbandonano l'italia. Per questo, come Confindustria, abbiamo puntato con forza sulla riduzione del costo del lavoro tramite un consistente taglio del cuneo, ma anche sulla stabilizzazione delle risorse per la detassazione del salario di produttività. Su entrambe le questioni la risposta contenuta nella legge di stabilità non è stata all'altezza delle attese”.

Redazione online

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