La Corte Costituzionale ha bocciato l’attuale legge elettorale, nota con il nome di Porcellum, in tutti e due i punti sottoposti al vaglio di costituzionalità: ovvero il premio di maggioranza e la mancanza delle preferenze. Lo si apprende in una nota emanata dalla Consulta: “La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono l’assegnazione di un premio di maggioranza (sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica) alla lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno, alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione. La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste elettorali ‘bloccate’, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza”.
Prosegue la nota: “Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel rispetto dei principi costituzionali”. La decisione sul ricorso era stata fissata in un primo momento per il 14 gennaio, ma poi i giudici hanno deciso di dare questa imprevista accelerata. A sostenere le ragioni dei ricorrenti il 79enne avvocato Aldo Bozzi.
Secondo Bozzi, che ha esposto oggi alla Consulta i motivi del ricorso, l’attuale legge elettorale “lede il diritto di voto, il diritto di scelta del cittadino è irragionevolmente soppresso”. Stessa posizione espressa da un altro legale ricorrente, Claudio Tani: “Con le liste bloccate si elegge un parlamento per curie politiche, senza possibilità di scelta e violando la Costituzione”. Secondo l’avvocato Felice Carlo Besostri, con un intervento della Corte Costituzionale sul premio di maggioranza e sulle liste bloccate “non c’è il rischio di un vuoto legislativo”.
Nel ricorso dell’avvocato Bozzi si legge tra l’altro che nelle elezioni politiche svoltesi dopo l’entrata in vigore della legge 270/2005, il suo diritto di voto era stato leso, ma soprattutto che la norma era in contrasto con l’art. 48 della Costituzione, che recita tra l’altro: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”.
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