
In un colloquio con un boss della Sacra Corona Unità con il quale condivide l’ora d’aria, Totò Riina, anziano padrino di Corleone, in carcere da ormai vent’anni, avrebbe spiegato all’uomo che il pm antimafia Nino Di Matteo, pubblica accusa nel processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, è un obiettivo di Cosa Nostra, sostenendo: “Questo Di Matteo non ce lo possiamo dimenticare. Corleone non dimentica”.
L’esponente della mala pugliese avrebbe poi chiesto al boss in che modo può la mafia siciliana uccidere il magistrato, soprattutto se questi venisse trasferito in una località segreta, ma Riina anche su questo non ha mostrato dubbi: “Tanto sempre al processo deve venire”. La conversazione tra i due è oggetto di intercettazioni ambientali avvenute scorso 14 novembre e potrebbero rientrare negli atti del processo sulla trattativa Stato-mafia in corso davanti alla corte d’assise di Palermo.
Nei giorni scorsi, il ministro degli Interni, Angelino Alfano, intervenendo a Palermo a margine del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza, aveva sottolineato: “Non possiamo escludere che ci sia la tentazione di riprendere una strategia stragista ma possiamo affermare con certezza che lo Stato è pronto a reagire”.
Intanto, Rosalba Di Gregorio, il legale di un altro boss di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, le cui condizioni di salute sarebbero ormai da anni gravissime, ha spiegato di aver denunciato i vertici del carcere di Parma per omesso soccorso, in seguito al malore che il “boss dei boss” avrebbe avuto a dicembre dello scorso anno. La documentazione messa a punto dal legale di Provenzano è stato inviata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
Redazione online